DIEGO FAJARDO

(Diego Fajardo Ocón)

Diego Fajardo segna sotto gli occhi di Goran Jurak (foto tratta da www.virtus.it)

nato a: S. Cruz de Tenerife (Spagna)

il: 11/03/1976

altezza: 208

ruolo: ala/centro

numero di maglia: 12

Stagioni alla Virtus: 2009/10

statistiche individuali del sito di Legabasket

 

DIEGO FAJARDO

di Roberto Cornacchia per Virtuspedia - ottobre 2009

 

Diego Fajardo ormai è davvero più italiano che spagnolo, almeno cestisticamente parlando. Non solo per il passaporto tricolore fresco di stampa causa matrimonio con una ragazza delle nostre parti, ma soprattutto per i 10 anni consecutivi di milizia nel nostro campionato: giunto nella nostra terra a 21 anni, vi è rimasto, vacanze a parte, fino al compimento del 30mo anno. Ripercorriamo brevemente le tappe della sua carriera.

Nato a S. Cruz de Tenerife l’11 marzo 1976, Diego Fajardo è un’ala-pivot di 208 centimetri per 103 chili cresciuta nel vivaio dell'Unelco Tenerife che militava nella Lega EBA, equivalente ad una nostra serie C. La stagione seguente passa al Forum Filatèlico di Valladolid dove dimostra di valere il passaggio alla prima squadra della società che prendeva parte alla serie maggiore spagnola. Dopo una stagione promettente, a campionato successivo da poco iniziato, in novembre, Diego prende il primo dei tanti aerei che l’avrebbero portato nella nostra terra. Il suo primo contratto in Italia è con la Viola Reggio Calabria nel 1997, quando cominciavano a sentirsi gli effetti della rivoluzionaria sentenza Bosman che aveva da poco aperto anche agli europei le porte del campionato italiano, all’epoca ancora considerato il più importante d’Europa. Giunto a stagione iniziata nella formazione guidata da coach Gebbia, non riesce ad invertire il trend negativo, impresa invero non facile in 13 minuti di presenza media in campo, e la squadra retrocede.

La stagione seguente, dopo una sola gara con la casacca della Fila Biella, ad ottobre passa alla Termal Imola dove impazzava un Vincenzo Esposito libero di interpretare lo spartito con la massima libertà. L’estrosa guardia casertana vince la classifica dei cannonieri ma soprattutto è l’artefice della migliore stagione della squadra romagnola (chi dice che è emiliana viene rimandato a settembre), il cui fiore all’occhiello è una storica vittoria corsara in casa della Virtus dei Danilovic, Rigaudeau, Nesterovic e compagnia bella. Gli imolesi conquistano i play-offs durante i quali creano qualche inaspettato grattacapo anche ad una Teamsystem obiettivamente fuori dalla loro portata. Diego puntella il non troppo fornito reparto lunghi imolese praticamente costituito solo da un insostituibile Yamen Sanders e da “Charlie” Foiera con il quale si spartisce i restanti minuti. 16 minuti in campo e 4,7 punti durante la regular season che diventano 30 e 7 nei play-offs. La stagione successiva Diego indossa la canotta della Lineltex Imola alla prima di campionato ma poi, causa infortunio, rientra solo a marzo, dando comunque il suo solito apporto di grinta e rimbalzi negli 11 minuti disputati di media.

Cessata la parentesi imolese, seguono 4 stagioni in 4 squadre diverse. Da autentico journeyman, Diego sa sempre proporsi in maniera costruttiva in ogni contesto nel quale capita. Anzi, sono forse questi gli anni in cui, all’apice della sua carriera, riesce a guadagnarsi minutaggi sempre maggiori a dispetto di un talento non cristallino e di un atletismo non certo superiore alla media. Nel 2000/01, una stagione che a noi virtussini al solo ricordo ci vengono ancora gli occhi lucidi, è alla Poliform Cantù dove viaggia a 27 minuti per gara e per la prima volta va in doppia cifra nella casella dei punti segnati: 11,1. Il suo apporto è importante per la conquista della salvezza da parte della squadra brianzola, soprattutto a rimbalzo dove cattura quasi 8 palloni a serata.

Nella stagione 2001/02, Fajardo passa alla Muller Verona dove, almeno a livello statistico, disputa il suo miglior scampolo di stagione in carriera. È alla prima partecipazione ad una coppa Europea, la scomparsa Saporta Cup, ma anche alla prima stagione agli ordini di coach Lardo ed è qui che il rapporto di stima fra i due sboccia. Stava sfiorando i 16 punti a partita in quasi 36 minuti in campo quando però, visti gli ormai cronici problemi economici della Scaligera, Fajardo si accorda con il Caja San Fernando di Siviglia. I gialloblù terminano la stagione ma non riusciranno più ad iscriversi al successivo campionato di serie A.

Ma il suo ritorno nella penisola iberica è solo momentaneo, ormai Fajardo ha eletto a suo campionato di riferimento quello italiano. Torna quindi subito in Italia, questa volta per un’Euro Roseto da poco nella serie regina ma già piuttosto ambiziosa. Guidata da Phil Melillo raggiunge i play-offs e pure in ULEB Cup si destreggia degnamente. Diego parte in quintetto ed è il lungo maggiormente impiegato dagli abruzzesi: quasi 30 minuti in campo per poco più di 11 punti a referto.

Finisce la stagione e quindi bisogna fare le valigie. Stavolta è un ritorno, riabbraccia la Viola Reggio Calabria ma, soprattutto, coach Lardo. In quella che è stata l’ultima stagione felice per la società reggina - per anni esempio di come la passione può sostenere, anche tra mille problemi, una squadra di buon livello – i calabresi sfiorano i play-offs, grazie alle generose prestazioni di Diego che è il reggino più impiegato di tutta la stagione: 28 minuti, 12 punti e 6,5 rimbalzi nonostante un utilizzo un po’ più decentrato rispetto all'area vista la presenza sottocanestro di Benjamin Eze.

Lino Lardo viene eletto Allenatore dell’anno e questo gli vale la possibilità di sedere, per la prima volta in carriera, su una panchina importante, quella dell’Olimpia Milano al primo anno di abbinamento con l’Armani Jeans. E chi chiama subito alla sua corte il buon Lino? Ma certo, il fidato Diego. Quell’Olimpia è una grande storica, indubbiamente, ma un po’ decaduta: l’ultimo scudetto è stato vinto 9 anni prima e da allora non sempre si è riusciti a strappare un biglietto per la post-season. Coach Lardo trova invece la quadratura del cerchio, riesce ad eliminare la Treviso di Messina nonostante il fattore campo sfavorevole e in finale cede ad una Fortitudo superiore. Un finale di stagione in cui Diego non riesce a dare il suo solito contributo perché ad aprile si ferma per un infortunio al ginocchio sinistro. Il livello è forse più alto a quelli ai quali Diego è stato abituato eppure, pur calando nel minutaggio (23,4 minuti) ugualmente sfiora i 12 punti e raccoglie 5,5 carambole.

La stagione che segue, con Sasha Djordjevic che è passato dal campo alla panchina nella veste di “aiutante”, vive della confusione di ruoli e responsabilità che questo passaggio ha comportato. Non si capisce più chi sia il coach, l’inizio di stagione non è dei migliori e coach Lardo arriva sì a mangiare il panettone ma ha appena il tempo di digerirlo che a gennaio viene sollevato dall’incarico per fare spazio, guarda caso, proprio a Djordjevic. Diego vede calare il suo minutaggio, anche per l’arrivo di Galanda che gli toglie spazio: quasi 16 minuti e meno di 7 punti ad allacciata di scarpe ma per la prima volta assapora il clima dell’Eurolega.

La stagione seguente Fajardo firma con Scafati ma mentre i dirigenti campani stanno aspettando il suo arrivo giunge una telefonata nella quale comunica di aver firmato per il Tau di Vitoria. Il presidente Nello Longobardi è inviperito ma evidentemente si trattava di una scrittura privata e non di un contratto regolarmente depositato. Fatto sta che Diego inizia la stagione, per la prima volta dopo anni, nella sua patria. Evidentemente è destino che, indipendentemente dalla nazione in cui gioca, Fajardo sia destinato a spostarsi in continuazione: dopo solo 5 gare dove non viene molto utilizzato passa al Bruesa di San Sebastian dove torna titolare: quasi 10 punti e quasi 6 rimbalzi il suo fatturato. A maggio ritorna a Milano dove raccoglie scampoli di partite.

Ormai superata la soglia dei 30 anni e riassaporato il dimenticato sapore del campionato iberico che nel frattempo è cresciuto di livello fino a diventare quello di riferimento nel vecchio continente, vuole dimostrare ai suoi conterranei quello che ha dimostrato all’estero. Firma per il Murcia dove viaggia a 7,2 punti per gara nel primo anno, cifra che incrementa leggermente nella stagione seguente.

Ormai, come da sua ammissione, sente di essere definitivamente rientrato in Spagna ma mai dire mai. Quando la Virtus sembrava ormai ad un passo dal chiudere con il talentuoso Maurice Taylor, gli eccessivi tentennamenti del centro italo-americano dal significativo passato in Nba, fanno sbottare il patron che dà quindi mandato a Faraoni di procedere con il secondo della lista, ovvero Diego Fajardo che invece, per coach Lardo, è sempre stato al primo posto. Strano però, perché raramente ci è stato dato di vedere due giocatori con caratteristiche tecniche talmente differenti. Mani fatate e tecnica in post basso da manuale per l’afroamericano originario di Detroit ma anche una tenuta fisica perfettibile, peraltro giustificata dopo alcuni anni di inattività, ed una difesa generalmente poco attenta. L’italo-iberico invece fa della dedizione alla causa e del lavoro sporco il suo maggior pregio, mentre in attacco raccoglie punti principalmente su rimbalzo offensivo oppure, come si suol dire in gergo, nella spazzatura. La trattativa è velocissima, in pochissimo tempo viene trovato l’accordo e Diego chiarisce fin da subito che uno dei motivi che l’hanno spinto ad accettare l’offerta virtussina è la sua conoscenza e stima per l’allenatore. Ha subito parole che ai tifosi non possono non piacere: “Alla Virtus non si può dire di no”. Ha così inizio la “seconda vita italiana” di Diego Fajardo: finalmente tricolore anche ai fini del tesseramento, alla causa virtussina porta esperienza, conoscenza delle geometrie di Lardo e gomiti appuntiti. E se ci si annoia in ritiro, niente paura: dategli un pianoforte e ci pensa lui a mettere tutti di buon umore.

 

FAJARDO, L'USATO SICURO NON TRADISCE MAI

di Francesco Forni – Repubblica – 30/03/2010

 

Se Koponen è ora l'argenteria che luccica e sbalordisce, Fajardo è uno dei piloni della Virtus, nella sostanza e nello spirito. Diego da Tenerife è l'uomo del lavoro pesante, il pronto intervento che Lardo chiamò in estate a scatola chiusa per cementare il gruppo. Arrivò a Bologna la notte prima della presentazione della squadra al Cierrebi, fra tante perplessità d'una piazza che magari s'aspettava nomi più altisonanti, e non ha avuto bisogno di rodaggi. Subito in sintonia, nell'ultimo mese ha elevato il rendimento: è il miglior lungo bianconero, per numeri e impatto.

Una sorpresa per tanti: se l'aspettava?

Non ero sparito in qualche lega sconosciuta. Non ero a Cipro: ho giocato in Spagna, a Murcia, nel campionato più forte d'Europa. Forse dopo tre anni tanti s'erano dimenticati di me. Ma ho continuato a giocare come prima.

Forse anche meglio.

Anche se ero ancora cotto dal viaggio, a Bologna son partito col piede giusto, come mi pareva normale. La maggior parte della mia carriera, 11 stagioni, l'ho fatta in ltalia, e dal 2007, sposata una ragazza di Vicenza, sono pure cittadino italiano. Sabatini m'ha dato un'occasione: giocare per la Virtus è difficile e facile. Ci sono sempre molte aspettative, ma ci capiamo tutti al volo.

Facile, quando si vince.

Il momento è ottimo. Vinciamo e giochiamo bene, questo magari non se l'aspettavano tutti. Stiamo bene insieme. A Caserta ci siamo sempre incoraggiati, anche quando non andava bene, e alla fine abbiamo festeggiato in campo. Il meglio però è stato negli spogliatoi. Pareva avessimo vinto un titolo.

È stato il top della Virtus?

Venti giorni fa non eravamo a questo livello. Eppure anche alla Final Eight non siamo andati male. Con Lardo si lavora per migliorare sempre. Possiamo farlo anche qui, come capitò a Milano nel 2005, quando la squadra migliorò un passo alla volta, sino alla finale.

Fajardo-Lardo è un'accoppiata vincente (Verona, Reggio Calabria, Milano, Bologna) che resiste negli anni. Come mai?

Lino vuole giocatori generosi, che diano tutto per gli altri. È difficile esserlo sempre, alla fine tutti guardano le statistiche. Per carattere sono altruista, forse mi trovo bene per questo nel sistema. C'è poi il rovescio della medaglia: da me Lardo pretende sempre il massimo. E diventa dispendioso.

Vi ha mostrato la difesa del Real per ispirarvi: da spagnolo, Barca o Madrid?

Tifo solo per la squadra in cui gioco. Il resto lo guardo con interesse. Non ho molto tempo, solo palestra e casa, coi miei due gemelli, Nicholas e Aurora, nati due anni fa. Mi svago in estate, quando torno a Tenerife, dai miei. Sono alto 2,08, ma faccio surf. In Romagna non potrei: poche onde.

Diego contro D. Cinciarini e E. Williams di Pesaro

 

FAJARDO, LA CARICA DEL GLADIATORE

di Antonio Manco – Il Domani – 09/04/2010

 

In una squadra che riesce ad avere sempre protagonisti diversi per scrivere il lieto fine, è quasi una piccola impresa quella di Diego Fajardo, che dopo aver dato spettacolo contro Avellino e Caserta, è stato determinante anche nell'ultimo quarto contro Ferrara e contro il grande ex Sharrod Ford.

Diego, quando il pallone scotta, la Virtus viene sempre fuori.

La partita con Ferrara è stata molto ostica, come ce la aspettavamo, perché loro hanno trovato la quadratura del cerchio a stagione in corso e sono arrivati a Casalecchio piuttosto lanciati. In questo momento, però, siamo molto carichi e facciamo di tutto per farci trovare pronti nei momenti decisivi.

A fine gara, Valli ha sottolineato come l'essere pronto di Fajardo è spesso viziato da infrazione di tre secondi. Esperienza o furbizia?

Quando sono in campo cerco solo di prendere la miglior posizione possibile, se accade che rimango troppo in area è pura casualità, uno degli aspetti del gioco.

Una casualità che vi ha permesso di disinnescare Ford.

Lui ci teneva tantissimo a fare bene in questa partita: è un giocatore con grandissimi mezzi atletici e ha disputato un'ottima prova. Ma ha perso.

Come accade da un mese agli avversari della Vu nera.

I successi di Avellino e Caserta, in particolare, sono stati molto importanti: in gruppo si respira una splendida atmosfera, speriamo che l'iniezione di fiducia continui ancora a lungo.

La sfida con Cantù è sicuramente un bel banco di prova.

È uno scontro diretto contro una squadra che ha l'obiettivo di raggiungere il secondo posto ed è reduce da cinque vittorie consecutive. Giochiamo in casa davanti al nostro pubblico e non vogliamo deluderlo.

Anche se qualcuno continua a manifestare un certo malessere.

No comment.

Anche se le critiche sono indirizzate soprattutto al pacchetto lunghi?

La forza di questo reparto, che poi è quella di tutta la squadra, è riuscire a trovare sempre un giocatore decisivo, mentre gli altri si dedicano ad essere meno appariscenti, ma più efficaci, se capiscono di non essere in giornata.

Con il vantaggio di avere tante opzioni.

Siamo una delle poche squadre in grado di ruotare 9/10 uomini senza mai perdere di qualità.

Eppure si parla di un possibile innesto in vista nei play-off, proprio nel vostro settore.

È un discorso da affrontare con i dirigenti, non con i giocatori. Il nostro compito è sudare in palestra e far bene in partita.

Praticamente il manuale della filosofia di Lardo.

Al coach bisogna riconoscere di aver avuto tantissima pazienza e convinzione nelle proprie idee anche quando le cose non andavano. Abbiamo pagato lo scotto di essere un gruppo nuovo e ci è voluto un po' di tempo per assimilare il suo modo di lavorare. Ma ora i risultati sono sotto gli occhi di tutti: giochiamo meglio ed aumenta il valore delle prestazioni individuali.

Un bel piazzamento alle spalle di Siena.

Il secondo posto è figlio del non volersi mai accontentare: proviamo a vincere quante più partite è possibile fino alla fine e poi a dare gas nei play-off.

Non sarà facile, visto il calendario.

È vero, ci aspettano tre trasferte difficili e l'ultima gara in casa con Siena, ma anche in Campania era difficile fare quattro punti in una settimana, eppure...

IL SOGNO FAJARDO È TRAMONTATO

di Antonio Manco - Il Domani – 15/06/2010

 

Le ultime, flebili, speranze di arrivare ad un accordo con Fajardo sono naufragate definitivamente. La settimana dei nodi virtussina inizia con l'attesa notizia del divorzio dal pivot spagnolo per un letale mix di esigenze personali dell'atleta e contenimento dei costi da parte della società, che ha rinunciato a partecipare ad un'asta al rialzo per mantenere nel proprio organico un lungo capace di garantire 9.6 punti e 5.8 rimbalzi per gara. Il diniego non coglie impreparato lo staff virtussino, che già dai tempi della "pausa di riflessione" chiesta dall'atleta aveva cominciato a sondare altri giocatori per andare a coprire un ruolo destinato a diventare fondamentale con le regole della prossima stagione. Per ora è solo tempo di timidi sondaggi, che riguarderebbero giocatori di ogni genere di passaporto, non esclusi i centri italiani (Amoroso o Cusin?). L'unica certezza è che la copertura dello spot di "5" è diventata la priorità del mercato in entrata. Le posizioni degli altri giocatori in bilico verranno decise in settimana: ottimismo per Jackson, rimasto favorevolmente colpito dalla sua parentesi bianconera, poche speranze per Collins, da valutare Blizzard, tornato d'attualità per il posto di passaportato.