MARIO ALESINI

(giocatore)

Mario Alesini in una delle sue leggendarie partenze a razzo

nato a: Varese

il: 17/12/1931 - 01/08/2001

altezza: 191

ruolo: centro/ala

numero di maglia: 9

Stagioni alla Virtus: 1953/54 (in prestito dalla Pallacanestro Varese) - 1954/551955/56 - 1956/57 - 1957/58 - 1958/59 - 1959/60 - 1960/61 - 1961/62 - 1962/63 - 1963/64 - 1964/65

(in corsivo la stagione in cui ha disputato solo amichevoli)

palmares individuale in Virtus: 1 scudetto

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IL NULLAOSTA DI ALESINI

Stadio - 27/08/1955

 

GIOCATORE ALESINI MARIO: vista la richiesta di trasferimento presentata dal giocatore Alesini Mario (Varese), accertato in base alla documentazione presentata l'effettivo cambio di residenza a Bologna dal giugno 1954 per ragioni di lavoro, nonché la ricorrenza degli altri requisiti di cui all'art. 23 del Regolamento giocatori, si delibera di concedere al predetto giocatore il trasferimento ad altra società.

Sulla legalizzazione della posizione di Mario Alesini non potevano nutrirsi dubbi. Anzi è un provvedimento che giunge con un anno di ritardo e soltanto per eccesso di zelo, più che per l'applicazione del regolamento. Alesini è stato un anno fermo.

 

Settembre 1954: Alesini neo virtussino (ancora senza nullaosta di Varese) con Calebotta davanti alla sede di Piazza Malpighi

IL MATCH DELLA MIA VITA: TRIO BRAVO

di Mario Alesini - VNere - 28/10/1990

 

Sarò sincero: in assoluto la partita che ricordo con maggior piacere, nel corso della mia carriera cestistica, è quella disputata con la maglia della Nazionale alle Olimpiadi di Roma del 1960, contro gli Stati Uniti, perché in fondo rappresentò il punto più alto della mia carriera: giocare contro i maestri era una specie di sogno. Di quella gara ricordo che l'Italia fece un'ottima figura. Un po' meno io, perché con impressionante regolarità riuscivo a smarcarmi e a penetrare in area ma ogni volta, quando già pregustavo la soddisfazione del canestro, ecco che sbucava da non so dove Walt Bellamy che mi stoppava o, comunque, riusciva ad impedirmi l'ebbrezza dei due punti. All'epoca avevo 29 anni e mi ero già trasformata in ala. Eh, sì: alto 1,91, avevo cominciato a giocare a pallacanestro nel ruolo di pivot perché sul finire degli anni Quaranta la mia era ancora un'altezza bastante a farmi rispettare sotto le plance. Però ero sufficientemente veloce, così, con il passare degli anni - e con il "crescere" degli avversari - diventai un giocatore esterno, più mobile. Ingaggiavo lotte all'ultimo respiro con i quattro moschettieri del Borletti - Gamba, Pagani, Romanutti e Stefanini - facendo leva sul mio buon senso della posizione e su una certa predisposizione a cogliere l'attimo buono per schizzare via in contropiede o per tentare l'anticipo difensivo.

La mia stagione più bella, in maglia bianconera, fu quella dello scudetto, nel 1955-56. Provenivo da un anno di inattività forzata, a causa di un veto al trasferimento a Bologna posto dalla mia prima squadra, Varese. La Virtus Minganti anche senza di me si era laureata campione d'Italia ed era la grande favorita per un nuovo titolo. Ricordo con immensa soddisfazione quel campionato, perché collezionammo solo tre sconfitte, vincendo il titolo con largo anticipo e dando il via ai festeggiamenti. Feste favolose, quelle dopo l'ultima partita in casa, contro Trieste, culminate in una cena da mille e una notte al Ristorante Casaglia e in una gita premio a Barcellona. Erano, per me, tempi memorabili: con Canna e Calebotta formavo il cosiddetto "Trio Galliera". Ci chiamavano così perché abitavamo tutti e tre nella stessa via, Galliera appunto, e perché eravamo affiatatissimi, fuori e dentro il campo. Chi non l'ha vissuto farà forse fatica a comprendere lo spirito di quei tempi. I giocatori di autentica classe non erano più di una quindicina, ma sono convinto che con un'adeguata preparazione fisica reggerebbero il confronto con i più bravi di oggi. Certo, ai nostri tempi il basket non era una professione: ci allenavamo in maniera irregolare e senza poter sfruttare le sofisticate strutture del presente. La convocazione in Nazionale, poi, rappresentava un evento, perché permetteva di conoscere luoghi e persone altrimenti difficili da raggiungere: io, ad esempio, ricordo con infinito piacere una trasferta in Russia nel 1953.

Tornando alla Virtus, finii la mia carriera da giocatore alternandomi con l'incarico di coach e quindi trovandomi a gestire quel fenomeno di Lombardi (talento e sregolatezza allo stato puro). Dopo tre anni di altalena campo-panchina optai per la seconda, trasferendomi però a Pesaro. In seguito, per motivi familiari, decisi di lasciare lo sport "attivo". Attualmente sono impiegato in una fabbrica di borse sportive e continuo, ogni domenica, a seguire la mia Virtus. Con la certezza, quest'anno, che l'organico della squadra è buono e che quando Messina potrà avere a sua disposizione tutti i giocatori in buona salute saprà mettere a frutto il suo anno di esperienza in più.

 

CAMPIONE DOPO IL LUNGO STOP

Mario Alesini è nato a Varese 17 dicembre 1931. A sedici anni entra a far parte della formazione locale. Il suo esordio in Serie A è datato 1950, con Varese terza, a fine campionato, dietro Borletti e Virtus. Proprio quest'ultima, nel 1953, gli propone un vantaggioso contratto per passare in bianconero, ma l'irrigidimento della società varesina, scavalcata nella trattativa, costringe Alesini ad un anno di inattività. Poi, un intervento della Federazione sblocca la situazione e il buon "Cranio" può trasferirsi sotto le Due Torri. Nel 1956, il primo e ultimo scudetto con le Vu nere. Complessivamente Alesini ha disputato 223 partite in maglia Virtus, mettendo a segno 2447 punti. Le ultime tre stagioni, fino al 1965, le interpreta nel ruolo di allenatore-giocatore. In Nazionale Alesini fa il suo esordio il 16 settembre 1952 (Italia-Iran 62-38), chiudendo la carriera azzurra ai Giochi di Roma del 1960.

 

Alesini finalmente in maglia ufficiale Virtus prima del campionato 1955/56 (foto reperita su Stadio)

ADDIO ALESINI, CUORE VIRTUS

Se n'è andato uno dei protagonisti dello scudetto 1956. Pur di giocare con la V nera sul petto accettò di restare fermo un anno in attesa del nullaosta proveniente da Varese. E decise di non continuare per non essere costretto a lasciare le Due Torri

di Alessandro Gallo - Il Resto del Carlino - 02/08/2001

 

Mario Alesini, che se n'è andato ieri, a settant'anni, in punta di piedi, potrebbe raccontarci una storia bellissima. La sua. Quella di un basket dei tempi eroici — anni Cinquanta e Sessanta — di una pallacanestro che non c'è più. Più che una storia, però, Mario avrebbe potuto dare una lezione. A noi, che quotidianamente scriviamo di giganti che si muovono solo dietro compensi cospicui. Ai cestisti di oggi per i quali il contratto viene prima di tutto (o forse è tutto). Era nato a Varese, Mario Alesini, e proprio a causa del club della sua città fu costretto a star fermo un anno. Perdendo quello che avrebbe potuto essere il primo scudetto. Cresciuto a Varese Alesini voleva seguire Tracuzzi, il suo coach, all'ombra delle Due Torri. Ma il club lombardo non diede il nullaosta e Mario, per liberarsi da quel peso, accettò l'idea di incrociare le braccia per una stagione. Si sarebbe rifatto in quella successiva — Calebotta pivot, Tracuzzi in panchina, Alesini e Canna a correre in contropiede — quella del titolo della stagione 1955/56. Con quell'enorme V nera stampata sul petto avrebbe realizzato 2.425 punti. Prima di abbandonare Bologna per sbarcare a Pesaro. «Tre stagioni là — confidò in un'intervista — allora si trattò di compiere una scelta: o restare fuori Bologna per accettare le offerte che erano state formulate da più parti oppure piantarla con il basket. Optai per la seconda ipotesi: non mi piaceva granché girovagare per l'Italia. Meglio fermarsi a Bologna».
Un'altra scelta coraggiosa di Mario — aveva deciso di cominciare a lavorare con il suocero — che nel 1964 si era sposato con Lia Cesari, che quattro anni più tardi gli avrebbe regalato Annalisa. «La mia più grande gioia della vita — disse — Non reggono paragoni le soddisfazioni ottenute con la pallacanestro». Eppure fu un protagonista della nazionale italiana che a Roma, nel 1960, sfiorò il bronzo alle Olimpiadi. Eppure...
«È uno che ha fatto la storia della Virtus — ricorda Achille Canna che con Alesini e Nino Calebotta costituiva un terzetto inseparabile —. Anzi, la storia della pallacanestro. Un combattente, uno sempre allegro. Un giocatore che era cresciuto sotto la guida di Tracuzzi e che, per questo motivo, possedeva una tecnica forse unica per quei tempi. Per quattro o cinque anni abbiamo fatto vita comune nella foresteria bianconera. L'avevo visto l'ultima volta il giorno dello scudetto».
Virtussino dentro e fuori, Mario Alesini, che domani riceverà l'ultimo saluto, alle 9:30, nella chiesa di Santa Maria Caselle, a San Lazzaro.

Al debutto in campionato Alesini lotta con Dalla Chiara in Virtus - Reyer 79-37 del 9 ottobre 1955 (foto reperita su Stadio)

VIRTUS RIUNITA PER ONORARE ALESINI

tratto da Il Resto del Carlino - 04/08/2001

 

Canna, Calebotta, Gambini, Ranuzzi, Negroni, Pellanera, Dondi. Praticamente la Virtus di mezzo secolo fa: ieri mattina si è ritrovata a San Lazzaro, nella chiesa di Santa Maria delle Caselle, per tributare l'ultimo saluto a Mario Alesini, campione d'Italia con la V nera nel 1956, scomparso qualche giorno prima.

La Virtus degli anni cinquanta, quella della quale proprio Alesini faceva parte. Quando con Canna e Calebotta componeva il trio Galliera, perché la foresteria bianconera si trovava da quelle parti. L'omaggio a un grande campione, certo, ma anche a una brava persona. Per l'ultimo saluto ad Alesini si sono mossi in tanti, compreso Roberto Brunamonti, campione di ieri, vice presidente di oggi.

Alesini ostacolato da Volpato

I GRANDI DELLA VIRTUS: MARIO ALESINI

di Ezio Liporesi - basketcity.net - 20/12/2020

 

Mario Alesini nacque a Varese 17 dicembre 1931. A sedici anni entrò a far parte della formazione locale. Il suo esordio in Serie A è del 1950, con Varese terza, a fine campionato, dietro Borletti e Virtus. Proprio con quest'ultima, gioca nel giugno 1954, in prestito, il torneo di Matarò, per festeggiare l'anniversario della Federazione spagnola. Le V nere battono l'Espanol Barcellona, l'Agrupacion Espana e i padroni di casa del Matarò al supplementare per 64-60. La società bolognese propose a Mario un vantaggioso contratto per passare in bianconero, ma l'irrigidimento della società varesina, scavalcata nella trattativa, costrinse Alesini a un anno d'inattività. Poi, un intervento della Federazione sbloccò la situazione e il buon "Cranio" poté trasferirsi sotto le Due Torri a tutti gli effetti. L'anno di sosta, in cui con le V nere giocò solo tornei e amichevoli costò ad Alesini uno scudetto, quello vinto dalla Virtus nel 1955. In particolare da ricordare i dodici punti di Alesini nella sconfitta di un solo punto contro la nazionale jugoslava il 13 ottobre 1954 (in settembre a Novi Sad i bianconeri erano riusciti addirittura a pareggiare 50-50). L'anno dopo Alesini si rifece di quel titolo non vinto personalmente conquistando il primo e ultimo scudetto con le Vu nere, un campionato concluso trionfalmente. Ecco il suo ricordo di quella stagione: "Ricordo con immensa soddisfazione quel campionato, perché collezionammo solo tre sconfitte, vincendo il titolo con largo anticipo e dando il via ai festeggiamenti. Feste favolose, quelle dopo l'ultima partita in casa, contro Trieste, culminate in una cena da mille e una notte al Ristorante Casaglia e in una gita premio a Barcellona. Erano, per me, tempi memorabili: con Canna e Calebotta formavo il cosiddetto "Trio Galliera". Ci chiamavano così perché abitavamo tutti e tre nella stessa via, Galliera appunto, e perché eravamo molto affiatati, fuori e dentro il campo. Chi non l'ha vissuto farà forse fatica a comprendere lo spirito di quei tempi".

Complessivamente Alesini ha disputato 223 partite in maglia Virtus, mettendo a segno 2447 punti, quasi undici di media. Le ultime tre stagioni, fino al 1965/66, le interpreta nel ruolo di allenatore-giocatore: "Finii la mia carriera da giocatore alternandomi con l'incarico di coach e quindi trovandomi a gestire quel fenomeno di Lombardi (talento e sregolatezza allo stato puro). Dopo tre anni di altalena campo-panchina optai per la seconda, trasferendomi però a Pesaro".

In Nazionale Alesini fece il suo esordio il 16 settembre 1952 (Italia-Iran 62-38), chiudendo la carriera azzurra ai Giochi di Roma del 1960, dove incontrò anche gli Stati Uniti, nella gara che Mario ricordava con più piacere, l'apice della sua carriera. La gioia più grande sarebbe arrivata otto anni dopo e non era di certo sportiva, la nascita della figlia Annalisa: "La mia più grande gioia della vita. Non reggono paragoni le soddisfazioni ottenute con la pallacanestro". Terminata l'attività di allenatore rientrò a Bologna e continuò a seguire la sua Virtus in ogni partita casalinga e così fece il 19 giugno, gioendo per il grande Slam. Fu l'ultima volta, perché il 2 agosto 2001 ci lasciò per sempre, seguendo di pochi giorni il suo compagno di squadra dello scudetto Franco Rizzi.



 


 

    

Maglia e giacca di Alesini alle Olimpiadi di Roma 1960 (foto fornita da Virtus150)

I 42 PUNTI DI MARIO ALESINI IL 13 APRILE DEL 1958

di Ezio Liporesi - 1000cuorirossoblu - 13/04/2021

 

Nel 1957/58 la Virtus gioca il suo secondo campionato al Palasport. Nel precedente, reduce dai due scudetti nelle ultime stagioni disputate in Sala Borsa, la Virtus è arrivata solo a un passo dal titolo, diciotto vittorie in ventidue gare non sono bastate, perché il Simmenthal ne ha persa una in meno. Fatale proprio la sconfitta a Milano alla terzultima giornata al supplementare. Il grande equilibrio tra le due formazioni è confermato dal fatto che sia all'andata sia al ritorno i 40 minuti non sono bastati per decretare la vincitrice: il verdetto, sempre favorevole alla squadra di casa è sempre arrivato dopo un tempo supplementare. In questa stagione ci si riprova, sempre con l'allenatore Tracuzzi, alla sua quarta stagione con le V nere, in un'avventura iniziata proprio con gli ultimi due titoli tricolori. Suo vice è Gianni Corsolini, che si era brillantemente distinto nelle giovanili bianconere e che ancora di più si farà notare anche lontano da Bologna in vari ruoli, fino ai più alti, sempre con il bene della pallacanestro come obiettivo. Il capitano Carlo Negroni, Alesini, Calebotta, Canna, Gambini, Andreo e Borghi sono confermati, arrivano i giovani Pellanera e Lovari, il forte Lucev dal Gira e l'americano Fletcher Johnson. La squadra viaggia forte, vince le prime dieci partite, poi cade a Milano. Il girone di ritorno mostrerebbe un'andatura analoga se alla quarta giornata le V nere non cadessero 57 a 56 a Pavia, in una gara tinta di giallo: dapprima  un reclamo della Virtus, per due punti in più assegnati a Pavia fu accolto e prevista la ripetizione della partita il 7 aprile 1958, poi il risultato fu definitivamente omologato. Nella stessa giornata il Simmenthal cade a Varese, quindi all'ultima giornata la Virtus avrebbe l'occasione di agganciare i rivali vincendo lo scontro diretto. Prevale, invece, il Simmenthal 62-76 e la Virtus con sole tre sconfitte è seconda, davanti alle concittadine Gira e Motomorini. Il quarto derby stagionale su quattro viene vinto dalle V nere proprio contro il Motomorini alla penultima giornata, mentre alla terzultima i bianconeri avevano battuto la Stella Azzurra Roma il 13 aprile 1958 con 42 punti di un grande Mario Alesini. Calebotta e Canna con 15 punti, Johnson con 13 danno una corposa mano.

Virtus Minganti Bologna - Stella Azzurra Roma                                98-66

Virtus: Alesini 42, Borghi, Calebotta 15, Canna 15, Gambini 3, F. Johnson 13, Lucev, Ca. Negroni 6, Pellanera 4, Fiorini.

Stella Azzurra: Giampieri, Saraceni 3, Volpini 20, Rocchi 18, Forti 5, Pomilio 13, Borghetti 4, Chiaria 3, Corsi, Marzanini.


 

UN GIOCATORE CHIAMATO ALESINI

di Roberto Tranquillo Fabbri - Stadio - 12/11/1958

 

Un giocatore che si chiama Mario Alesini. Non è l'inizio di una storia che ci accingiamo a raccontarvi; è il nome dell'atleta che spicca, più di ogni altro e al di sopra dei risultati stessi, nella sesta giornata del massimo campionato maschile di basket. Mario Alesini, artefice primo ed indiscusso dell'affermazione dell'Oransoda-Virtus sulla Motomorini; l'atleta cui il pubblico bolognese, entusiasta ed anche commosso, ha tributato un'ovazione di giusto riconoscimento quale mai giocatore di basket aveva ricevuto. E Mario Alesini se l'è meritato un premio di tal genere; superiore ad ogni altro perché squisitamente e spiccatamente morale.

Ci piace che un episodio del genere si sia verificato e per di più a Bologna, città cestistica per antonomasia, dove il basket è largamente seguito e dove il pubblico, a qualunque fazione appartenga, quando è spettatore di prove quale quella offerta dal giocatore virtussino, non lesina gli applausi e non esita a chiamare al proscenio l'attore meritevole. Potremmo dire che i bolognesi sono nello sport di pari temperamento  come nell'arte: nell'uno e nell'altro campo sono esigenti, ma quando la loro aspettativa viene appagata l'atleta o l'artista ne ricevono sempre caloroso consenso. Così è stato appunto domenica al Palasport nel corso del derby Motomorini - Oransoda Virtus: prima ancora che la contesa fosse finita Mario Alesini è stato chiamato a gran voce come in un teatro avviene per il tenore che sa cesellare una romanza.

A Bologna di ottimi giocatori se ne sono sempre visti: bolognesi e no. E senza dubbio Alesini non è il miglior cestista che si sia finora esibito all'ombra delle Due Torri. Però, lo ripetiamo, la dimostrazione di cui è stato oggetto l'ha pienamente meritata. Perché il pubblico, ne siamo convinti, è andato oltre all'intenzione di un semplice riconoscimento alla bravura dell'atleta; ha voluto premiare anche la sua serietà ed il suo cuore. Perché, senza volerlo, Mario Alesini con la prova fornita domenica scorsa ha riportato alla mente ai bolognesi i tempi in cui il basket petroniano si identificava nei nomi di Vannini, Marinelli, Dondi, Girotti, Bersani, Ferriani, Rapini, Negroni, Ranuzzi. Non si può non credere che gli spettatori, quelli che non hanno più vent'anni, in Alesini non abbiano - chiudendo gli occhi - identificato la "loro" squadra di un tempo che oggi si ricorda definendolo "eroico".

Ci piace, dicevamo, che sia toccato ad Alesini un riconoscimento di tanto valore (anche se altri prima di lui certo lo hanno meritato); e sentimentalmente ne proviamo piena soddisfazione. I bolognesi penseranno agli anni di Santa Lucia, noi a quelli del Muro Torto; così come i triestini ritorneranno all'indimenticata Ginnastica ed i milanesi al rettangolo di via Washington ed ancora la Reyer alla Misericordia dei Penzo, Silvestri, Stefanini, Garlato, Campanini, ecc. Di tanto in tanto è davvero bello ritornare indietro nel tempo, rituffarci nei ricordi di una giovinezza superata ma indimenticabile. Non fosse che per questo si deve essere tutti grati a Mario Alesini, modesto come pochi lo sono e sanno esserlo, coscienzioso e con un cuore grande così. Un Alesini davvero degno della gloriosa "V" nera tanto cara ai petroniani.

Ma non è tutto. Mario Alesini non è solo l'asso è un esempio per tutti. Non doveva giocare domenica scorsa. Tracuzzi aveva in animo, stante le precarie condizioni della caviglia del giocatore, di tenerlo in panchina; l'andamento dell'incontro lo ha indotto, se non proprio costretto, ad utilizzare Alesini. Poteva riuscire o no; è andata bene, come già sapete. Dicevamo però dell'esempio che Alesini rappresenta: per serietà e coscienza, di uomo e di atleta. Da imitare non solo dai suoi compagni di squadra. Perché mentre si affaccia nel basket l'ombra di un "modus" che ha tinte professionistiche, poter prendere atto che sul piano morale è lecito ancora essere ottimisti, credete non è poco. Significa poter mantenere intatta la più bella delle illusioni, la speranza nel buono e nel meglio.

...

Johnson e Alesini, i due artefici della vittoria (72-64) dell'Oransoda-Virtus sulla Motomorini il 9 novembre 1958, si complimentano al termine dell'incontro. L'americano denuncia l'evidente commozione: ne ha ben donde. Sempre modesto, Alesini lo consola (foto tratta da Stadio)

 

GIRA - VIRTUS DI 63 ANNI FA FU IL DERBY DI ALESINI

di Ezio Liporesi - 1000cuorirossoblu - 14/12/2021

 

Campionato 1958/59, decima giornata, 14 dicembre 1958. Si gioca il derby Gira - Virtus al Palasport. Sono tanti i derby in quella stagione, perché nella massima serie oltre a Virtus e Gira c'è anche la Motomorini. Le Vu nere termineranno seconde con una sola vittoria in meno del Simmenthal Milano, la Motomorini quarta dietro a Varese, il Gira sesto dietro a Cantù. Quella stracittadina del 14 dicembre, in casa Gira, fu il derby di Mario Alesini, che mise a segno 34 punti. Alesini, nel campionato precedente, il 13 aprile contro la Stella Azzurra Roma (98 a 66), ne aveva messi a segno 42, ma chiaramente tutto un altro peso ebbero quelli segnati nella sentita partita tra virtussini e girini.La squadra di Tracuzzi prevalse 85 a 64, grazie anche ai 17 punti di Calebotta, ai 14 di Fletcher Johnson, ai 7 di Canna (per un totale di 58 punti del trio Galliera Alesini-Calebotta-Canna), ai 6 di Porcelli, ai 3 di Lombardi e ai 2 di Lucev e Gambini. Completavano la formazione Pellanera e Testoni.

I CANESTRI DECISIVI DEI GIOCATORI DELLA VIRTUS - VENTITREESIMA PUNTATA: MARIO ALESINI

di Ezio Liporesi - 1000cuorirossoblu - 26/05/2023

 

Per oltre un decennio, negli anni Cinquanta e Sessanta, Mario Alesini fu una bandiera delle V nere. Vinse uno scudetto nel 1956 (l'anno prima non partecipò alla conquista del quinto tricolore e disputò con la Virtus solo amichevoli per un problema di nulla osta). Con Canna e Calebotta formava il famoso trio Galliera. Segnò anche un canestro decisivo, sebbene non risulti nelle statistiche ufficiali perché l’incontro fu fatto ripetere per errore tecnico, ma vogliamo comunque ricordarlo:

 

  • nel 1961-62 a Roma a 20 secondi dalla fine sul più uno per i capitolini, segnò i due liberi del sorpasso definitivo: 65-64 (nella ripetizione vinse ancora la Virtus per 67 a 63).

 

Un'immagine storica: 11 aprile 1960, a Buenos Aires l'Italia sta perdendo di un punto dall'Argentina, Alesini in palleggio sta per arrestarsi e scoccare il tiro del definitivo 62-63 (foto reperita su Stadio)