Marco Madrigali, ex presidente della Virtus Basket, ex titolare della Cto, che fa di bello in questo periodo?
Sono in pensione. Ho lavorato per 45 anni e ho sempre versato i contributi. Mi è arrivata la pensione dell'Inps. 18 anni di lavoro alla D&C e 19 alla Cto. Ora mi dedico alla campagna. Ho tagliato non so quante tonnellate di erba, quest'anno. E ho fatto del buon vino. Ho ricreato un assortimento di vitigni come mi ha insegnato il contadino che c'era un tempo. Ma oggi che è piovuto mi sono già annoiato.
Si è ritirato in campagna, però lei non è il tipo che, a 59 anni, si arrende.
Stavo per arrendermi. Volevano portarmi a questo punto. Ma ho pensato che dovevo continuare a combattere. Sia chiaro che questo non è un buon ritiro. È solo un ripiegamento. Qualcosa dovrò fare, anche se non so ancora che cosa e con chi.
A casa di Marco Madrigali, una sera di ottobre. Sui campanelli della villa di Zola Predosa non c'è il cognome. Quando il cancello si apre, la casa non si vede, nascosta da un lungo viale alberato. Lui viene ad accogliere i visitatori nella rotonda accanto alla casa. C'è un canestro da basket in un angolo, «ma là dietro ho anche il campo». Nel buio abbaia il cane. «è un pastore del Caucaso, è molto tenero. Ha solo 15 mesi». In casa pavimenti di marmo. La gentilezza della signora Madrigali, che durante l'intervista porta nel salottino salame magro del contadino e il vino bianco frizzante dell'ex presidente Virtus. Ecco in corridoio il cavallo di cui a Bologna si favoleggia. È in vetro di Murano, con riflessi azzurri, nell'atto di camminare su un selciato di vetri luminosi multicolori. Sì, però è un cavallino. Un puledrino, alto non più di un metro. Svolta a destra, su un salone con un delicato trompe l'oeil musicale ed ecco il salotto per l'intervista. Madrigali è tonico, sembra appena uscito da una vittoria della Virtus, ma i tempi sono cambiati, il basket è ormai lontano ed è più fresca semmai la dichiarazione di fallimento delle aziende di famiglia, Finbox e Cto.
La Virtus la segue ancora?
L'ultimo anno che ero presidente non mi facevano nemmeno entrare al palasport. No, ora non la seguo. Diciamo che guardo i risultati.
A quanto l'ha venduta a Claudio Sabatini?
Non ho visto una lira. Ho dato una società in pareggio, transazioni con tutti i giocatori, fornitori pagati. Però sui giornali l'avete scritto in un angolo che ho pagato 7 milioni per mettere a posto i conti.
Becirovic, quello che col famigerato lodo ha fatto finire tutto, adesso gioca a Varese. Ha letto sulla Gazzetta dello Sport? L'accusa di non aver mantenuto i patti, la stretta di mano con la quale lei gli prometteva di aspettarlo, una volta che lui avesse risolto i suoi problemi fisici. E invece lui ora si rammarica di essere dovuto andare dagli avvocati.
Becirovic è tornato a giocare in Italia? Buon per lui. La storia è lunga. Lui voleva farsi operare in America, ma alla fine l'ha operato il dottor Lelli della Virtus. È stata una processione, nel frattempo, di parenti, procuratore, medici sloveni. Intanto non giocava e non si operava. A un certo punto andai a trovarlo e gli dissi: Sani, noi ti aspettiamo, tu sforzati di ritrovare i livelli da giocatore di serie A. Gli abbiamo fatto varie proposte, lui non ha mai risposto.
Si è arrivati all'arbitrato.
Un cinema. Lo dico ancora una volta e mai più: la Virtus aveva l'autorizzazione a rivolgersi alla giustizia ordinaria. Solo il giorno di quel famoso Consiglio Federale chiesi di essere ascoltato. Decisero di non farlo. Hanno detto che la Virtus ha versato 13 milioni di euro di tasse allo Stato, dal 2000 al 2002, ed è vero. Che bisognasse pagarne meno?
Un periodo di sofferenza.
La cancellazione del titolo sportivo della Virtus, il 4 agosto del 2003, fu una vera espropriazione. Non è stata l'unica. E abbiamo regalato anche una coppa europea. Lei non sa quanto sia stata violata la privacy della mia famiglia. Incendiarono una stalla qui vicino. Scritte contro di me, minacce. Atti ostili... I tifosi hanno diritto di protestare, non di linciare. I tifosi vanno sempre salvati, alla fine. Ma gli atti ostili sono nati prima, con le aziende, e qui i tifosi non c'entrano.
Stiamo cambiando campo. Parla di Electronic Arts?
Proprio di loro. Non ho mai avuto il piacere di potermi misurare con loro in un tribunale di qualsiasi paese. Ci hanno fatto delle proposte inaccettabili. Si sono comportati molto peggio di quanto non abbiano fatto Federazione e Lega con la Virtus.
Ed è tutto finito così?
Si vedrà. Ho solo cercato di difendere la mia onorabilità. L'azienda, i dipendenti, tanto lavoro. Cto era la più bella azienda del settore dei videogiochi fino al giorno in cui ha avuto prodotti da vendere. Cto ha sempre aumentato le proprie vendite, ha sempre fatto più del budget imposto dai fornitori. Aveva il 32 per cento di quota di mercato. Un gioiello. Era stata portata ad esempio dalla stessa Electronics Art. La verità è una sola: Electronics Art voleva estrometterci per entrare direttamente nel mercato italiano. Perderla è stata una grande amarezza.
Le banche non hanno voluto salvare Cto? Lei ad un certo punto, ad aprile di quest'anno, si è fatto da parte.
Con l'avvocato Gianpiero Samorì di Modena abbiamo presentato un piano di risanamento. Ci sono stati parecchi incontri, ho ricevuto a casa un paio di telefonate di direttori generali di banche, pensavo che l'avrebbero accettato. Invece hanno deciso di no. Non essendoci altre soluzioni, a quel punto siamo andati subito a portare i libri contabili in tribunale. Non c'era un attimo da perdere.
Tornando al basket: si è rovinato per la Virtus o è stato lei a rovinare la Virtus?
L'ho presa che non guadagnava e l'ho restituita in pareggio con quattro trofei in più: uno scudetto, un'Eurolega, due Coppe Italia. E potevamo vincere una seconda volta l'Eurolega.
Quanto ci ha rimesso?
Diciamo che io avevo fatto un investimento. Con i soldi che ci ho messo, ho avuto troppo poco. Dovevamo vincere almeno una coppa in più. Poi ci hanno espropriato il titolo sportivo ed è andata come è andata.
È pentito di quell'avventura?
Non mi sono pentito, ma alla luce di quello che è successo non lo rifarei.
Non si rimprovera nulla?
Potrei rimproverarmi tante cose, ma se errori ci sono stati, li ho commessi in buona fede. Il problema sono le decisioni sbagliate degli altri, che ho dovuto pagare io. Mi accusano di tante cose, ma le faccio un esempio. Avevo comprato un giocatore come Morlende, un acquisto che tutti poi mi hanno rimproverato. Mi pare che adesso, a Treviso, stia andando bene.
Quale è stata l'amarezza più grande di tutto questo periodo, quando ad una ascesa straordinaria che l'ha portata ai vertici della new economy e dello sport è seguita una discesa così improvvisa?
Difficile dire. È raro che capitino ad una persona tanti eventi avversi tutti in una volta. Ma penso che la mia storia imprenditoriale non sia ancora finita.