GIANFRANCO LOMBARDI

(giocatore)

nato a: Livorno

il: 20/03/41 - 22/01/2021

altezza: 194

ruolo: ala

numero di maglia: 6

Stagioni alla Virtus: 1958/59 - 1959/60 - 1960/61 - 1961/62 - 1962/63 - 1963/64 - 1964/65 - 1965/66 -  1966/67  -  1967/68  - 1968/69 - 1969/70

statistiche individuali del sito di Legabasket

biografia su wikipedia

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OLIMPIADI DI ROMA '60

Giganti del Basket - Agosto 1984

 

Dado Lombardi è diventato un nome mitico nella storia della pallacanestro italiana fin dal suo primo apparire alle Olimpiadi di Roma del 1960, durante le quali si presentò come una delle più belle realtà del panorama cestistico di allora, inserito nel quintetto ideale assieme a fenomeni come Roberstson e Jerry West.

"Penso che quelle Olimpiadi segnarono l'inizio del vero basket in Italia. Fino ad allora non facevamo paura a nessuno e fu proprio nel '60 che cominciammo ad avere fiducia nei nostri mezzi e riuscimmo a battere formazioni come l'Ungheria e la Cecoslovacchia, che prima ci avevano sempre 'bastonato'. Un ricordo che non cancellerò mai dalla mia mente è il primo tempo che giocammo contro lo squadrone americano: finì 52 a 48 ma la nostra prestazione ebbe dell'incredibile. Vidi più di una volta i giocatori americani guardarsi in faccia l'un l'altro allibiti di fronte alle nostre prodezze. Finimmo al quarto posto, ma la nostra vera posizione sarebbe stata la terza in quanto perdemmo una partita incredibile contro il Brasile. Quelle immagini sono ancora impresse nitidamente nel mio cervello: entrammo nel Palazzetto dell'EUR e 15.000 persone ci accolsero con un enorme boato.

Nessuno era abituato a giocare di fronte a tanta gente poiché gli spettatori che allora venivano a vedere la pallacanestro al massimo era 2.000: figurarsi la nostra emozione quando vedemmo tutte quelle persone che sventolavano il tricolore e gridavano "Italia". Si sarebbero meritati una vittoria, ma, purtroppo per noi, perdemmo.

Nei miei ricordi c'è anche la figura del Villaggio Olimpico: fu là che nacquero cestisticamente giocatori come Vianello, Vittori e Lombardi, ed ancora oggi quando passo da quelle parti e lo vedo non posso fare a meno di ricordarmi, anche con un pizzico di nostalgia, di quei 'bei tempi'".

DADO LOMBARDI

tratto da panterablu.it - 30/12/1981

 

...

Il nome di Lombardi sale prepotentemente alla ribalta alle Olimpiadi di Roma nel ’60. La nazionale italiana, allenata da Nello Paratore, conquista il quarto posto; Lombardi, appena diciannovenne, viene inserito dalla stampa specializzata nel quintetto ideale (scusate se è poco, ma nella squadra USA, la più forte mai vista ad una Olimpiade, giocava gente come Walt Bellamy, Oscar Robertson, Jerry West!). Proveniente dal vivaio del Livorno, allora assai fiorente (vedi Cosmelli, Bufalini, Villetti, Zatteroni, Raffaele), militerà per varie stagioni nella Virtus di Bologna, diventandone la bandiera, per poi passare alla Fortitudo e concludere la carriera come giocatore-allenatore a Rieti. Vince la classifica dei marcatori per due anni (con gli americani) ma non arriverà mai, come Doctor J, allo scudetto.

Gran tiratore, abilissimo nell’uno contro uno e sotto canestro, buon rimbalzista grazie alla sua mole, era pure un grande passatore. Un anno, per dimostrarlo, siccome era accusato spesso di essere un mangiapalloni, come Chamberlain si mise a distribuire assist in quantità; si divertiva anzi, sadicamente, a passare ai compagni palloni imprevedibili, cogliendoli spesso impreparati, ridicolizzandoli quindi. Lombardi ama essere la star, sempre al centro dell’attenzione: distrugge sistematicamente gli americani che giocano al suo fianco, con l’allenatore e i compagni di squadra vive sempre un rapporto travagliato (ne sanno qualcosa Pellanera e Giomo e, in Nazionale Pieri, che il nostro riesce a far fuori); ma è il beniamino del pubblico di Piazza Azzarita e tutto gli viene perdonato. Per quanto è amato a Bologna, sponda Virus, cosi è odiato sui campi di tutta Italia.

Ricordo una memorabile partita, a Pesaro, nel ’67: di fronte sono la Butangas con Ted Werner, “Ragno” Bertini, Scrocco, Lesa, Paolini e l’Ing. Barlucchi e la Candy di Bologna, con il marine Swagerty, 2,04 per 120 chili, Lombardi, Cosmelli, Pellanera, Giomo senior e “sugar” Zuccheri. La partita è vibrante. Lombardi è scatenato, segna 43 punti: dopo ogni cesto alza il pugno in segno di giubilo; ma il dito medio è proteso verso l’alto, rivolto verso il pubblico. Immaginatevi, a Pesaro! Volano file di sedie, uno spettatore ammolla un ceffone a Cosmelli che, ignaro, si appresta ad effettuare una rimessa laterale, a fine partita, vinta dalla Candy, c’è una gigantesca invasione con rissa finale. Morale: Lombardi non si è accontentato di vincere la partita, il campo di Pesaro viene squalificato per tre giornate.

Cosi è Lombardi (il soprannome “Dado” gli rimane dai tempi dell’abbinamento della Virtus con la Knorr), provocatore, polemico e rissoso, come la sua natura di livornese gli impone. In difesa adopera tutti i trucchi, anche i più sporchi: è maestro nel colpo d’anca, nell’impercettibile colpetto al gomito del tiratore, nella “presa bassa”, nella trattenuta maliziosa. Vittime preferite sono “Cagna” De Simone, uno dei tre del muro di Cantù, e Masini; quando viene colto in fallo dagli arbitri (“Ovvia, Vitolo, ‘un fare i’ bischero!”) si abbandona a sceneggiate e gesti di disperazione, istrione sempre, guitto talvolta, immancabilmente un “gran figlio di puttana”! Un grandissimo giocatore comunque, uno dei più grandi in assoluto che abbiano mai calcato i parquet d’Italia.

...

Dado Lombardi attacca in palleggio (foto tratta da Giganti del Basket)

IL MIO ALLENATORE

Giganti del Basket - n. 2 dicembre 1966

 

Che cosa pensa del suo allenatore?

Preparatissimo, sul piano tecnico e su quello psicologico. Del resto non per niente Jaroslav Sip ha portato lo Slavia Praga aad una finalissima di Coppa Europa, non più tardi di un anno fa.

C'è un particolare tecnico che il suo allenatore le abbia insegnato o corretto, tale che possa servire da esempio?

Essendo arrivato da poco, il primo contatto di Sip con la squadra èstato necessariamente tutto teso ad una ricerca di amalgama, anche in considerazione dei mutamenti notevoli della formazione. Per di più la Candy ha iniziato la stagione attraverso una serie di vicissitudini contro le quali si è dovuto tutti lottare stringendo i denti. Un allenamento a ranghi completi finora non l'abbiamo mai potuto fare. Non c'è stato ancora tempo quindi per innovazioni tecniche, di grande portata.

Escludendo l'allenatore che ha attualmente, con quale altro allenatore italiano le piacerebbe giocare? E perché?

Vittorio Tracuzzi. Allenatore che ho già avuto nella prima parte della mia carriera. Mi piacerebbe tornare con lui per la sua stupenda conocenza del basket. Poi Paratore. Forse nessuno risponderà a questa domanda col nome di Nello Paratore, semplicemente perché a Paratore nessuno ci pensa mai veramente: lui è troppo in alto, è l'allenatore della Nazionale, non viene naturale di pensare a lui sullo stesso piano degli altri tecnici italiani. Ora, per me fare un campionato con Paratore (tra l'altro: Sip è proprio un tipo Paratore), è sempre stato un sogno, un'esperienza interessantissima che vorrei davvero poter fare: ma un sogno irrealizzabile, credo. Lo stesso discorso, più o meno,valer per Primo.

Sempre a parte quello che ha ora, quale degli allenatori che ha avuto ricorda con maggior piacere, per qualsiasi motivo?

Ricordo naturalmente con immenso piacere il mio primo allenatore, Otello Formigli, per la passione con cui dedica sé stesso al basket, per la modestia e la bravura con cui di continuo produce campioni nel suo vivaio di Livorno. Io vorrei, prima o poi, tornare da Formigli a ringraziarlo, a giocare ancora con lui. E credo che tutti i livernesi sparsi per le squadre di tutta Italia abbiano lo stesso desiderio.

Ha un'opinione in generale sugli allenatori italiani?

Tutti gli allenatori italiani che ho conosciuto a fondo, da Tracuzzi a Formigli, da Paratore ad Alesini, grandi e... piccoli, insomma, ho avuto modo di trovarli molto bravi, capaci, competenti.

Farebbe l'allenatore, anche al termine della carriera?

Finché uno gioca non può, credo, pensare sul serio di fare l'allenatore. Forse a me piacerebbe, comunque non ho idea, non ci ho mai pensato.

Dado a canestro (foto tratta da Giganti del Basket)

LIVORNESE CON SANGUE YANKEE

di Gianfranco Civolani - Giganti del Basket - n. 4 aprile 1967

 

Ecco qua l'antipatico. La maschera e il volto vorrei aggiungere. Antipatico, come tu mi vuoi. Tremula mammola, piuttosto. Un livornese che ha sangue yankee nelle vene. Si chiama McLombard, e un giorno lo naturalizzarono italiano, e magari noi non l'abbiamo mai saputo. Si chiama McLombard, è un califfo del basket, ma la sua psiche è un gambo. Gambo di mammola, come vedremo. Ma intanto mi si dice: gran tizio, mostro del basket, ma antipatico, antipatico da morire.

ANTIPATICO

Prendo lo spadone, buco il luogo comune, tolgo la maschera al mio yankee fatto in casa, gli addolcisco i lineamenti e gli parlo chiaro, gli dico che la musica è finita e che con me la recita è rinviata.

Io sto antipatico a molti, lo so. Però mi domando il perché. Ho mai fatto del male a qualcuno io?

Ti dovrebbero conoscere da vicino, su questo non c'è dubbio.

Dicono che sono un divo? Ma ti pare?

Mi pare e non mi pare. Troppo spesso ti atteggi...

Ma allora tu non mi hai capito! Lo sai chi vorrei essere io? Un giocatore come tutti gli altri, ecco quello che vorrei essere. Uno dei dieci, lo giuro.

Balle, grossissime balle. Tu vivi del tuo personaggio.

... un personaggio che mi frega. Perché io faccio la figura dell'antipatico e non lo sono proprio...

Lo ammetto. Il personaggio prigioniero delle proprie dimensioni fasulle. Fatevelo amico, il Francone, entrategli nella manica, e ci ritroverete il fanciullone, il marcantonio che a buon diritto coltiva il suo mito, ma un marcantonio che ha un cuore, che ha basket nelle vene, che ha voglia di stringere relazioni con il prossimo, che ha voglia di frantumare le scorie che qualcuno ha frettolosamente attaccato al suo personaggio. Antipatico? Ma dove? Se necessario, affrontatelo a muso duro, fategli capire che non è aria di filodrammatica, patti chiari, amicizia lunga. Avrete l'amico più caro, un amico campione oltretutto. Antipatico? Niente affatto. Un simpatico che ha paura di darlo a vedere, che si prepara le sue brave freudiane censure difensive per paura di denudarsi nell'intimo. Ecco qua l'antipatico. Frequentatelo, smonterete pezzo per pezzo tutta una certa vostra idea. Conoscere il campione per apprezzare l'uomo. Provateci.

TREMULA MAMMOLA

Il campione dalle ombre lunghe. Troppo lunga quell'ombra per lasciarlo tranquillo. Lui ha deciso: "la storia della mammola me la devi spiegare..."

Hai fifa di tutto. Vedi nemici per ogni dove. Ti manca la tranquillità di colui che è qualcosa più degli altri...

Mi faccio i fatti miei...

Non è vero. Soprattutto ti curi di quello che pensano i compagni, la stampa, gli amici. Fregatene. Gioca con grinta e basta. Piantala con le tue riserve mentali. Sari sempre discusso, è fatale...

Che mi discutano non mi interessa, è segno che sono un personaggio. Semmai mi infastidisce che da Lombardi si pretenda sempre la superprestazione. Sono un comune mortale anch'io, ti pare? E come posso scendere in campo tranquillo quando so che sono obbligato a fare grossissime cose, sempre...?

Basta che qualcuno su un giornale parli di te per mandarti in barca...

Perché i giornalisti si sono sempre fatti un'idea sbagliata su di me...

Qualcuno vede giusto, te lo dico io...

Ho capito, non mi sei più amico...

Ecco, lo sentite? Non mi sei più amico, devi essermi amico, quello lì mi vuol male, ho l'impressione che anche tu mi voglia male. Eccetera eccetera. Il colosso d'argilla, così lo ha definito Peppino (tout court) un giorno. Ha bisogno di una spolverata alle ossa ogni tanto, ha aggiunto ancora il Peppino.

Massì: spolveramogliele quelle ossa. Fiore per fiore, trasformiamolo almeno in un baudelairiano fore del male, altro che mammola. Un campione che alza la voce per paura di sentire il vuoto attorno a sé. Mi sovviene di quel testo di Inge, "Il buio in cima alle scale". Né mammola né treMula. Questo pretendiamo. Mo che vogliam bene al vero yankee della Candy.

MC LOMBARD

Gradirei il copyright dell'americanizzazione. Il fatto del "Mc" ha attaccato. Ora ci insistono tutti. Bene, il Mc Lombard è una cosa grande, grandissima. Nato e sputato per il superbasket. Uomo felice (moglie e prole), buon lavoratore (occupato nell'industria del suocero), il Francone completa la sua vita con quell'imprescindibile pane e companatico. Vita mondana, niente di niente. Sta in casa e legge. Legge basket. Frequenta tutte le palestre della provincia. Studia il basket. Se c'è una conferenza di basket, ci si tuffa. E prende la parola, e tiene pallino con arte consumata. Ogni tanto dice che la vita può consentirgli di piantarla col basket. Meriterebbe una botta in testa. Se smette col basket possiamo preparare la salma. In campo gioca con quelle mille riserve mentali in testa. Ma è mezza Candy, si abbia il coraggio di dirlo. Via il "Mc" e si spegne il sole in casa Candy. L'antipatico, la mammola eccetera, ala Candy se lo terranno ben stretto. Gli faranno un vitalizio. Se lo terranno proprio perché ha sangue yankee nelle vene.

L'avrete capito che sono fortissimamente Lombardiano. Lo sono perché lo sport non è solo pane e prosciutto impregnato di sudore. Lo sport è anche espressione campionistica, credo. Poi magari succede che Francone fa: "Se fai un pezzo per i Giganti, ti prego, parla delle mie sospensioni, insomma di me giocatore. Lascia stare l'uomo. Tutti vi fate delle idee sbagliate, e presumete di conoscermi. Insomma non fare colore, va liscio d'accordo?".

E così il Mc Lombard si aggrappa disperatamente alla sua mitologia. E trema. Ha paura, chissà perché, che qualcuno un bel giorno voglia scuoiarla, quella gratuita mitologia. Al di qua di quella, c'è il Lombardi vero, il baby di anni ventisei che troppo spesso prova un "ciuff" al cuore.

CARTA D'IDENTITA'

Gianfranco Lombardi nasce a Livorno il 20 marzo 1941. A 10 anni nell'Oratorio Salesiano della sua città comincia a giocare a basket e Don Breschi lo fa giocare nella Juvenilia. A 13 anni Lombardi passa al Livorno e gioca nelle squadre minori sotto la guida di Pinoschi.

A 14 anni il fanciullo prodigio esordisce in Serie A. Esordice come pivot, ma nel '56 Paratore convince Franco (durante un corso a Fermo) a trasformarsi in esterno per via della statura (metri uno e novantacinque). Il fanciullo prodigio passa alla Virtus nel '58 (con Tracuzzi) e fa quel giorno non ha più cambiato società).

L'esordio in Nazionale (Italia B-Francia B) avviene a Pesaro nel '57. Dopo alcuni mesi Franco debutta anche nella Nazionale maggiore (a Istanbul). Ed ecco il gran palmares di Lombardi: Quasi 100 maglie azzurre (mancano pochi gettoni). Partecipazione a 2 Olimpiadi, a 1 campionato del Mondo, a 3 campionati d'Europa. E infine Giochi del Mediterraneo, Challenge Round eccetera.

2 volte primo nella classifica Marcatori. Quasi tremila i punti segnati in campionato a tutt'oggi. Vinse per la prima volta la classifica dei marcatori a 19 anni (!). è capitano della Nazionale da alcuni anni. Gioca sempre come esterno. Sa fare tutto, ma la sua specialità è il jump-shot in corsa. La sua percentuale di realizzazione media in campionato si aggira sul quarantacinque per cento (pregevolissima).

è sposato con prole. Lavora con il suocero (ferramenta per mobili). Ha appena compiuto i ventisei anni.

Ha vinto e stravinto, ha avuto tutto nello sport. Avrà ancora tante cose belle negli anni che gli restano.

Non ha mai vinto uno scudetto.

Dado batte il suo marcatore

LE OLIMPIADI: È DIFFICILE SCEGLIERNE DODICI

Giganti del Basket - 06/02/1968

 

"Dado" Lombardi è cambiato. Credeteci, è cambiato. Oltre che essere uno dei più grandi realizzatori del campionato italiano (e magari d'Europa). è stato sempre considerato uno dei polemisti più accaniti, uno di quelli che - il sangue toscano è una base fondamentale in queste cose - difficilmente sanno star zitti e soprattutto astenersi dal criticare il prossimo. Le dure esperienze alle quali è stato sottoposto a Bologna, subendo a volte anche critiche ingiuste e che addossavano a lui la responsabilità dei ricorrenti insuccessi (o meglio mancati successi) della Candy, sono state una grande scuola per Dado. Oggi, non solo s'è messo a dar preziosi palloni ai compagni, magari evitando il tiro ad ogni costo, non solo ha cominciato a giocare forte anche in difesa oltre che in attacco ma è diventato anche uno dei più severi "critici di sé stesso". Forse le due trasformazioni sono connesse; lo abbiamo sentito, al termine di una partita persa fare spassionatamente l'elogio degli avversari e dire che "non solo hanno giocato meglio, ma erano senz'altro più bravi". Da un Lombardi così non si puà che sperare cose grosse; anche un completo "inserimento" nella nuova Nazionale che Paratore sta tentando di creare.

 

Durante la 2 edizione del Trofeo "Oscar del Basket" (alla quale la Virtus non partecipava) Eldorado, nel novembre 1969 Masini, Racalcati (rappresentato da Ossola) e Lombardi, classificatisi per il secondo anno consecutivo, ripettivamente, primo, secondo e terzo, con le statuine d'oro, argento e bronzo

Tratto da "Virtus - Cinquant'anni di basket" di Tullio Lauro

 

Nel 1959 arriva a Bologna un grosso personaggio, un giocatore simbolo delle Vu nere per lunghi anni, anni però sfortunati durante i quali lo scudetto rimane sempre in Lombardia e la Virtus può solamente guardare da lontano o da vicino, ma solo guardare. "Livornese di nascita" racconta Enrico Campana sempre da 60 anni di campionato, "Lombardi giura di essere stato virtussino fino dalla nascita. Spesso andava col padre a Bologna per seguire la squadra del cuore. Fu pagato 40 milioni, rivela. Quanto sarebbero oggi 40 milioni? Forse mezzo miliardo ...". Molti imputavano ed imputano al grande "cecchino" livornese (in maglia Virtus segnò la bellezza di 4868 punti), di aver soggiogato con la propria grande personalità compagni e allenatori, così da avere in qualche modo frenato la possibile ascesa, le possibili vittorie del suo club. "Balle, i campionati li perdevano per una partita, massimo due, era una lotta gagliarda" è lo stesso Lombardi a raccontare "è stato un caso". Un caso o no, fatto sta che di scudetti Dado Lombardi non ne ha vinti. "è il mio solo grande rammarico" continua "tante volte vicini alla conquista e mai al traguardo. Perché? Allora si diceva: il complesso del Simmenthal. Una sorta di paura paralizzante di fronte ai grandi avversari. Io non sono mai stato d'accordo. Forse perché dei complessi non mi sono mai sentito prigioniero. Io ho sempre sostenuto che il Simmenthal, quel Simmenthal, era più forte di noi. Oh, non di molto, ma di quel tanto che bastava per arrivarci davanti alla resa dei conti. Ma non era una questione psicologica, era un rapporto di forze. Cedevamo dopo lotte gagliarde e testa a testa esaltanti". E a match esaltanti Lombardi si abitua presto. Alla sua prima stagione in maglia bianconera, viene scaraventato in campo con grande coraggio, o se volete la solita incoscienza, da Vittorio Tracuzzi: segna 23 punti sul campo dei campioni d'Italia del Simmenthal. "Fra i Knick o i Boston e la Virtus, avrei scelto la Virtus. Sempre." racconta McLombard come spesso viene chiamato oer chiarire a tutti che l'americano delle Vu nere era lui "Solo chi gioca in quella squadra lo può capire. Il presidente dell'Ignis Tedeschi e il presidente del Simmenthal Bogoncelli mi misero un assegno in tasca, ma non ho mai rimpianto, nemmeno per un momento, di aver scelto la Virtus. Perché se vince la Virtus è come quando vince la Juve: è la gioia dell'Italia intera".

Tutti sanno che Lombardi si consacrò campione di razza, fuoriclasse di livello mondiale alle Olimpiadi di Roma quando, appena diciannovenne, venne inserito nel quintetto dei migliori assieme allo slavo Korac e ai mostri americani tipo Jerry West, Jerry Lucas e Walt Bellamy, in una delle formazioni più belle mai mandate in campo con la maglia azzurra. Formazione che, non per niente,  terminò per un soffio al 4° posto, senza appoggi arbitrali, superata da USA, URSS e Brasile.

Dado a rimbalzo (foto tratta da Giganti del Basket)

MCLOMBARD E LA SUA LINGUA

di Gianfranco Civolani – Superbasket – 22/12/1983

 

Affascinante come e quanto? Fascinoso, turbinoso e rapinoso come una bella sciantosa, proprio così. Nasce come Gianfranco Lombardi da Livorno, ma poi col tempo lo etichettiamo in mille altri modi e gli rimane addosso il “Dado” e quelli come me lo ricordano come il McLombard dei tempi fastosi e gloriosi, e magari io particolarmente lo ricordo in questa maniera perché - scusate tanto -fui proprio io a storpiargli il cognome all'americana. Il suo fascino sommamente indiscreto. Sarà che a me piacevano da morire i giocatori che la imbucavano dentro… cerchiamo di capirci, io avevo poco più di vent'anni, lui ne aveva appena qualcuno di meno, ma come tirava e come imbucava… e nel frattempo mi riempiva la testa di mille favole e nel frattempo Giomone (al secolo Augusto Giorno) mi faceva notare che con egoistacci di quella tempra, gioco di squadra zero virgola zero e nel frattempo a Bologna c'era il partitino dei Giomofili e c'era il partitone dei Lombardofili e io, per la miseria, ero veramente amico dell’uno e dell'altro e ammiravo massimamente la tecnica difensiva di Giomone, ma ero magnetizzato dalle raffiche del Dadone, raffiche in campo e fuori. Intendiamoci bene: non ero così fesso da non capire che il Dadone tirava a prenderci per il naso tutti quanti e figuriamoci le amene sceneggiate con i giornalisti più o meno suoi coetanei e così trascorrevamo qualche mattinata raccontandogli io che tipo di servizio giornalistico si poteva fare insieme e raccontandomi lui quei che avrebbe fatto da grande, raccontandomi lui che avrebbe allenato magari la mia squadra di femmine senza pretendere una lira perché - mi raccontava - si vive di poesia o no? Mi ricordo quella sera a Lubiana, la Jugo di Nikolic contro l'Italia di Paratore. Una bolgia infernale, una paga memorabile, mi pare settanta a cinquanta per loro, era la Jugo di Giergia-Daneu-Korac-Rajkovic-Djuric, non so se mi spiego. A fine match sto all'albergo dei nostri, Lombardone tiene concioni nelle orecchie di Paratore e il prof mi fa: “Amico caro, abbia pazienza, ma lei riesce a togliermi dai piedi questo eterno rompicoglioni?”. Mille altri episodi potrei raccontare, mille altre robe da capitan Fracassa o da rompiglione o da incantatore di serpenti. Quando smetto di giocare faremo un libro insieme perché tu sei stato fra i giornalisti il mio profeta, mi diceva il Mc. E stai certo che per la tua squadra di donne non ci sarà bisogno di un coach, stai certo. Ma ne ha raccontate non so più quante, mai un minuto è venuto in palestra per dare un'occhiata alle mie baskettare e quando la figlia sua ha voluto provare a tirare a canestro, bè, la figlia sua si è tesserata per un club concorrente e naturalmente lui mi ha poi raccontato che la colpa era tutta di sua moglie che - la poverina - non poteva sapere che lui e che io e che insomma buonanotte e arrivederci. Impagabile Mc a Rieti, a Forlì, a Trieste e da altre parti ancora. Impagabile Mc perché con la sua chiacchiera, con la sua finta burbanza, con la sua maschera di cartapesta e con i berci che fa ai ragazzini ha saputo tracciare solchi e gettare semi e non c'è dubbio che un po’ qui e un po' là questo inimitabile istrione abbia fatto lievitare intere piazze e adesso che anche a Reggio il Mc lascia il segno e adesso che appunto a Reggio sognano orizzonti sconfinati di gloria, ecco che io mi rallegro vivamente e sinceramente perché cosa mai sarebbe la vita senza un minimo grano di follia? Ho sentito che forse scriverà un libro. Io non ci credo, ma mi risulta che semmai lo scriverà con un altro collega, mi sembra giusto. L'ho visto durante un'amichevole delle sue “Riunite”, l'ho sentito riempire di urlacci metà squadra, ma non Brumatti e i due Usa, mi sembra giusto anche questo. Mi ha confidato che la vita del coach sarà anche bella, ma che sarebbe addirittura paradisiaca se una volta nella vita gli capitasse di allenare a Bologna, Virtus o Fortitudo, ma qui a Bologna dove il Mc probabilmente ha contato troppe favole per farsi prendere sul serio, oggi che è coach vero, e molto più bravo di altri che stanno già nell'Olimpo degli immortali. Fateci caso: Rieti, Trieste, Forlì, Reggio Emilia, fateci caso. Aumentano i clienti al botteghino, si dilata l'immagine dell'azienda sponsorizzatrice, si valorizza qualche giovane e si parla e si straparla di tizio o di caio perché Dadone parla e straparla nel sonno. Per guarda com'è la vita. Quando McLombard giocava, dicevano tutti: un tipo capace di pensare solo per sé e incapace di ragionare di squadra. McLombard ha fatto il capolavoro. Si guadagna da vivere pensando agli altri perché poi gli altri facciano fare buona figura a lui, l'habla habla del canestro.

 

DADO LOMBARDI

Dan Peterson - www.basketnet.it

 

Dado Lombardi. Sto parlando proprio dei veri 'giganti' del basket. Ieri, Elio Pentassuglia, oggi Gianfranco 'Dado' Lombardi. Quando Ettore Zuccheri, ex-compagno di Dado alla Virtus Bologna, l'ha visto a Cortina nel 1975, dove eravamo per un clinic, notando l'aumento di peso di Lombardi, disse: ''Dado, doppio blocco laterale!'' Nessuno ha riso più del Dado. Poi, quando si parla di Lombardi, dove si comincia? Primo realizzatore Italiano? Olimpiade a Roma a 19 anni? Grande coach di club di diverse promozioni? Ha avuto un impatto sempre: mentalità attaccante come giocatore; quella difensivistica come allenatore.
Alberto Petazzi racconta questo 1000 volte meglio di me. Petazzi è GM a Trieste e cambia allenatore. Dentro Lombardi. Siamo nel 1977-78. Lombardi fa discorso con la squadra. Sto sbagliando i numeri ma l'idea è questa. Abbassando gli occhiali da sole per vedere tutti meglio, dice: ''Mi chiamo Lombardi Gianfranco, detto Dado. Primo realizzatore Italiano tre volte. Cento e rotte presenze in nazionale. Due Olimpiadi. Ho fatto più viaggi a Mosca che ... Berlinguer!'' Petazzi giura ancora che è stato il discorso più bello quanto allucinante di ogni tempo. È una fotografia del mitico Dado come coach e come personaggio unico.

Dado batte un giovane Renzo Bariviera

DADO LOMBARDI

di Enrico Schiavina - tratto da "DERBY! Fortitudo-Virtus - Storia di una rivalità senza fine

 

Gianfranco Lombardi, oggi "Dado" ma all'epoca anche "McLombard" perché giocava come un americano, è stato un grandissimo giocatore, è uno stimatissimo allenatore. In quarant'anni di basket si è tolto ogni genere di soddisfazione, fuorché una: non ha mai allenato a Bologna. Eppure, della Virtus Lombardi è stato giocatore-simbolo, negli anni Sessanta (vincendo la classifica marcatori, ma mai lo scudetto), e nella Fortitudo ha giocato due anni (vincendo 3 derby su 4, mentre in maglia Virtus ne ha giocati 8, perdendone 5).

Chissà, forse ancor oggi sta continuando a pagare quel salto del fosso, nell'estate del '70, acquistato per 25 milioni da una Fortitudo Eldorado che aveva chiaramente intenzione di strappare alla Virtus la sua bandiera, a qualsiasi costo. Mai completamente accettato da una parte, visto come un traditore dall'altra, l'incolpevole Dadone si è portato addosso questa macchia per una vita. E ricorda ancora benissimo di quando sua moglie, tifosa Virtus, al suo ritorno a casa dopo un derby giocato e vinto in maglia Fortitudo gli urlò inviperita: "Hai fatto tutti quei canestri? Adesso ti fai anche da mangiare da solo!"

DADO, LA GLORIA DI BOLOGNA

Lombardi apre la Hall of Fame italiana: "È fantastico. Questa città resta unica. Siena o Treviso potranno vincere qualche titolo ma l'entusiasmo che trovi qua è irripetibile". Sarà Palazzo d'Accursio a ospitare la cerimonia il prossimo 11 febbraio. Ci saranno anche Gamba, Meneghin e Rubini. "A Bologna allenerei gratis" disse Lombardi. Unico rimpianto di una grande carriera. La profezia: "Fortitudo ancora indecifrabile, Virtus non grande ma buonissima..."

Di Alessandro Gallo - Il Resto del Carlino -  26/01/2007

 

La Federbasket non dimentica. Ed è giusto che, tra i primi tre ricordati, in assoluto, ci sia Gianfranco Lombardi detto Dado. Livornese di nascita, bolognese d'adozione e americano per talento se è vero - come è vero, basta sfogliare le pagine del tempo per rendersene conto - alle Olimpiadi di Roma nel 1960, fu considerato tra i migliori di quell'edizione (c'erano anche Jerry West e Oscar Robertson), al punto tale da strappare il nomignolo di McLombard. Il Dado compirà 66 anni il prossimo 20 marzo. Prima, però, sarà convocato per ricevere questo inedito e prestigioso riconoscimento.

Premiato e inserito nella Hall of Fame italiana. Come di sente Lombardi?

"Mi fa piacere, è chiaro".

Perché proprio lei?

"Ho giocato e allenato tanti anni. Forse alla fine sono diventato un personaggio. Ho preso parte a tre Olimpiadi, ho giocato i mondiali. Ma forse la ragione è un'altra".

Quale?

"Ero innamorato della pallacanestro. Lo sono ancora. Mia moglie Maria Pia me l'ha rinfacciato spesso. Sosteneva che io non avessi sposato lei, ma la pallacanestro".

È capitato anche ad altri, crediamo.

"Il basket è così. È come un morbo. Lo prendi e non lo lasci più. Ma per fortuna il basket è bello".

Premiato a Bologna: vale di più?

"Certo, perché Bologna sarà sempre la città più importante. Magari lo scudetto un anno andrà a Siena e qualche altra volta a Treviso. Ma Bologna resta. E resta unica: perché qui il basket è ovunque. O sei della Virtus o della Fortitudo. Ho vissuto anche a Siena, dove c'è una grande società, che è l'espressione di una città intera. Ma qua, credetemi, è tutto diverso. È tutto più bello e affascinante. Il basket è spettacolo. Bologna è la più grande in Europa".

Addirittura.

"Proprio così. Ci saranno magari due squadre a Madrid, ma quella che conta è una sola, il Real. Qua contano entrambe. Spesso l'Europa è stata Bologna, anche se magari ora non è così. Ma Bologna, ripeto, è assolutamente unica".

Bologna oggi è...

"Il basket italiano, inutile girarci attorno, sta attraversando un momento particolare. Milano e Roma non hanno ancora un'identità ben precisa, la stessa Treviso conosce alti e bassi. La continuità della Virtus è importante".

Quindi?

"La Virtus forse non è una grandissima squadra, ma è un buonissimo gruppo. E può andare lontano".

Un giudizio sulla Fortitudo?

"Più indecifrabile. La vedi con il Tau e pensi che abbia risolto tutti i suoi problemi, perché gioca benissimo. La rivedi a Udine e scopri che non difende. Indecifrabile".

Possibile che non ci sia posto, nel basket del duemila, per lei?

"Ho giocato tanti anni, ho allenato con grande successo. Rianimando certe piazze, portandone altre a livelli d'eccellenza. Ma soprattutto mi sono divertito. Ho vissuto una disavventura con l'ultima Virtus. Non è andata troppo bene".

Non le hanno mai perdonato quell'avventura?

"Ma no, non è così, perché qualche offerta l'ho avuta negli ultimi anni. Anche per tornarein panchina, ad allenare. Però ho fatto una scelta precisa, ho scelto la famiglia. Mia moglie mi ha seguito per tanti anni, oggi è giusto che sia io a seguire e a stare più vicino a lei".

Ma almeno in tivù...Non trova che si stia esagerando con il modello americano?

"Esagerando? Il basket americano mi ha rotto le scatole. Sì chiaro, è un grande basket, però, ora, quando discuti con qualcuno devi parlare solo di back door e di pick'n'roll. Sono tutte caz... Si possono dire le stesse cose utilizzando la lingua italiana. Loro hanno fatto la storia del basket. Ma la pallacanestro italiana ha una sua dignità che, per questo motivo, merita di essere salvaguardata".

 

UNA PERGAMENA COME PREMIO

 

Si chiama "Premio Italia Basket Hall of Fame", massima onorificenza della federazione italiana pallacanestro, conferita ogni anno a personaggi che hanno contribuito ad accrescere il prestigio e la popolarità della pallacanestro italiana nel mondo, e deriva, lo avrete capito, dalla Hall of Fame di Springfield. Istituito recentemente (con tanto di benedizione dalla casa madre a stelle e strisce), il riconoscimento consta di una coppa, una pergamena e una cravatta, che saranno consegnati a Dado Lombardi (con lui anche Riminucci, Vittori, Rubini, Gamba e Meneghin) l'11 febbraio, alle 11,30, nella Cappella Farnese di Palazzo d'Accursio.

I primi tre personaggi prescelti (sono due le commissioni che scelgono e valutano l'effettiva "gloria" dei candidati) per il 2006 sono Gianfranco "Dado" Lombardi, l'angelo biondo, ovvero Alessandro Riminucci e Paolo Vittori. Con questi tre anche Cesare Rubini, Dino Meneghin e Alessandro Gamba, che un riconoscimento del genere lo hanno già ricevuto negli States, nella prestigiosa James Naismith memorial "Basketball Hall of Fame" di Springfield (Massachussetts, Stati Uniti).

Ci sarà un albo e ci saranno le maglie e i cimeli da raccogliere. Veltroni avanza la candidatura di Roma per ospitare la Hall of Fame italiana. Ma la capitale riconosciuta del basket italiano non è Bologna?

 

Lombardi premiato da Porelli per l'entrata nella Hall of Fame italiana (foto tratta da la Repubblica)

BOLOGNA INCORONA LOMBARDI NELLA HALL OF FAME

Premiati anche Riminucci, Vittori, Gamba e Meneghin. Il Dado: "I giovani imparino a divertirsi"

di Alessandro Gallo - Il Resto del Carlino - 13/02/2007

 

Brividi, emozioni e standing ovation. Per un'ora e mezza la Cappella Farnese di Palazzo d'Accursio (dove nel cinquecento fu incoronato Carlo V, come ama ricordare il sindaco Sergio Cofferati) si trasforma nel tempio del basket. Vengono celebrati gli eroi di questo sport, quelli che, da ieri, sono entrati a far parte della Hall of Fame italiana, la Casa della Gloria di casa nostra. Brividi a rivedere filmati in bianconero con le immagini sfocate ma suggestive. Commozione nel riascoltare le parole di chi ci ha regalato emozioni e tutti in piedi ad applaudire Riminucci, Lombardi, Vittori, Gamba e Meneghin: questi ultimi due, col mitico Rubini, abitano anche nella Hall of Fame vera, a Springfield.

L'angelo biondo, ovvero Alessandro Riminucci, con la complicità dell'amico Paolo Vittori, ricorda il suo record di punti in una gara, 77. Riminucci torna volentieri a Bologna, perché per lui, che pure ha vinto tanti scudetti, le Due Torri hanno un fascino particolare. Nel 1966, con il Simmenthal del Principe Riubini (ieri assente giustificato), vinse nel palasport di piazza Azzarita (non ancora PalaDozza) la prima Coppa dei Campioni. "Avevamo un certo Bill Bradley - racconta - per me il nuemro uno". Ma perché fece il record di punti in una partita, strappandolo al compagno di squadra Vianello? "Vianello fu il primo ad aiutarmi - dice Riminucci - senza l'ausilio dei compagni non ce l'avrei fatta". Il motivo di tanto accanimento al tiro? Non era stato più convocato in azzurro, Riminucci, e dall'altra parte del campo c'era il ct che lo aveva escluso.

Passano i fotogrammi: la Cappella Farnese è tutta per Lombardi che a dispetto dei natali livornesi, gioca in casa. "Il basket - dice Dado - per me è stato tutto. Ho cominciato a girare su un vagone sgangherato di terza classe, con i sedili in legno, sono passato al pullman e ho chiuso con i charter. Vorrei dire qualcosa soprattutto ai giovani, ai giocatori di oggi, che guadagnano bene. Anzi, guadagnano molto, ma in campo li vedo spesso annoiati. Noi guadagnavamo meno, ma ci divertivamo un mondo. L'augurio che faccio ai giovani è che imparino a divertirsi".

Tocca a Vittori, poi Gamba e Meneghin. I fotogrammi lasciano il bianco e nero per il colore. Ci sono le gioie di Nantes 1983 (primo oro europeo per l'Italia), l'irruenza e la grinta di Meneghin nell'ormai celebre partita con la Jugoslavia. C'è Mosaca 1980: argento olimpico e Italia che batte l'Unione Sovietica. "Andai al Madison Square Garden di New York - spiega Gamba - alla finale del torneo Nit. Lo speaker, eravamo in piena guerra fredda, disse che c'ero io, il coach che aveva fermato a Mosca l'Urss. Ventimila persone scattarono in piedi ad applaudirmi".

Non c'erano ventimila persone, ieri, in Cappella Farnese, ma tutto il basket che conta. Anzi no, mancavano Walter Veltroni, presidente onorario della Lega Basket e Flavio Tranquillo, principe dei telecronisti di Ski, la voce del basket.

È MORTO DADO LOMBARDI

di Luca Sancini - bologna.repubblica.it - 22/01/2021

 

Ex giocatore di Virtus e Fortitudo per 14 campionati, aveva 79 anni

BOLOGNA. Se n'è andato Gianfranco Lombardi, uno dei migliori giocatori italiani della pallacanestro. Avrebbe compiuto 80 anni a marzo e la notizia della scomparsa è stata data dalla Federpallacanestro. Soprannominato Dado, Lombardi è stato uno dei protagonisti assoluti dell'epopea di Basket city, vestendo sia la maglia della Vu nera, sia quella della Fortitudo.

Talento innato e grande attaccante, Dado aveva anche partecipato da protagonista a soli 19 anni alle Olimpiadi di Roma del 1960. Livornese aveva esordito nella Pallacanestro Livorno per poi chiudere la carriera alla Sebastiani Rieti. Con 268 presenze in Virtus è stato il giocatore simbolo delle Vu nere negli anni '60, per poi passare per due stagioni alla Fortitudo nel 1970. “La società non navigava in buone acque - raccontava - e cercò di monetizzare vendendo i gioielli. Così accettai il passaggio in Fortitudo. Ricordo che ci arrivai con enorme circospezione. Mi dicevo: chi sono questi giovani che sfidano le V nere? Invece fu un´esperienza bellissima, con Beppe Lamberti allenatore e Bergonzoni e Orlandi, compagni modesti e caparbi che davano sempre qualcosa in più sul campo. Era la tradizione, la Virtus, contro il nuovo, la Fortitudo».

In azzurro alle Olimpiadi di Roma 1960 venne eletto nel miglior quintetto dei Giochi. Giocò per l'Italia 113 partite partecipando anche alle Olimpiadi del '64 e del '68, a due Europei e due Mondiali.

Da allenatore ha guidato alla promozione nella massima serie Trieste nel 1980 e 1982, Reggio Emilia nel 1984, Siena nel 1991 e Cantù nel 1996. E' stato anche sulle panchine di Rieti, Forlì, Treviso, Rimini, Verona (promozione dalla B) e Varese.

Non ha mai vinto lo scudetto ma per due stagioni è stato capocannoniere con la Virtus nel 63/64 e nel 66/67. Lo scoprì Vittorio Tracuzzi che lo portò a Bologna, che per anni è rimasta la sua città di adozione. Entrato nella Hall of Fame della pallacanestro italiana nel 2007, fu premiato a Palazzo d'Accursio: “Mi sono sentito come un vecchio alpino che bacia la bandiera. Ricordare amici e avversari di allora mi ha aperto il cuore – disse quel giorno – Mi sono rivisto nelle foto e devo dire che sono più magro adesso".


 

IL RICORDO “BOLOGNESE” DI DADO LOMBARDI

di Franco Vannini - sportpress.it - 22/01/2021

 

Livornese 100% , frutto di un vivaio che ha prodotto fior di giocatori, Gianfranco, detto Dado per via della sua “compattezza” da ragazzo veniva a Bologna col padre per vedere la Virtus dei due scudetti, quella di Alesini, Pellanera, Calebotta e Canna.

E fu un sogno per lui quando il presidente Zambonelli, pagandolo 40 milioni, lo ingaggiò a soli 17 anni e gli diede la maglia numero 6 che avrebbe indossato onorevolmente per 12 stagioni diventandone un simbolo.

Non ebbe mai l’opportunità di vincere lo scudetto ma fu capocannoniere nel 1964 e nel 1967 e divenne una colonna della nazionale italiana in cui debuttò a soli 17 anni nel 1959.

L’anno seguente infatti partecipò alla prima delle sue Olimpiadi, quella di Roma 1960, dove l’Italia che annoverava altri tre virtussini (Alesini, Canna e Calebotta) stupì il mondo giungendo quarta battuta in semifinale dalla squadra di collegiali più forte mai schierata dagli USA.

E lui venne eletto nel miglior quintetto dei Giochi a fianco di atleti che divennero poi miti del basket americano come Oscar “big O” Robertson, Jerry West, John Lucas e Adrien Smith, tutti futuri All Famer e Imhof, Bellamy e Dishinger poi tutti All Stars. 

Altre imprese aspettarono Mc Lombard in maglia azzurra, altre due Olimpiadi di Tokyo e Città del Messico e due Campionati Mondiali, a Rio de Janeiro 1963 e a Montevideo 1967.

Dopo Roma lo chiamarono i New York Knicks ma non se la sentì di lasciare la Virtus in cui rimase sino al 1970 quando Porelli lo sacrificò nel progetto di rinnovo della squadra.

Dado dopo la Virtus fece due campionati alla Fortitudo ed un’ultima con Rieti per poi iniziare la lunga carriera di allenatore.

30 anni sulle panchine di tutt’Italia iniziando proprio da Rieti e finendo con Cantù, Reggio e Varese, curiosamente da allenatore difensivista, lui che era un tiratore.

Con Dado se ne va uno dei dieci giocatori più importanti della storia della Virtus che hanno fatto appassionare una generazione alla V nera.

RICORDO DI DADO LOMBARDI

di Ezio Liporesi - Cronache Bolognesi - 29/01/2021

 

Dodici stagioni alla Virtus, quattro da capitano, 278 partite, 5054 punti in bianconero; capocannoniere del campionato nel 1964 e 1967; punto di forza della nazionale con cui disputò tre Olimpiadi, nella prima delle quali, a Roma nel 1960, a soli diciannove anni, fu incluso nel quintetto ideale. In azzurro 113 gare e 1432 punti dal 1959 al 1968, tutte nel periodo virtussino. Uno dei pochi giocatori delle V nere a essere nella Hall of Fame del basket italiano. I detrattori dicevano che volesse sempre il pallone per lui e che si eclissasse nelle battaglie, soprattutto in trasferta, poi basta cercare e trovi che il primo marzo 1964 a Milano contro il Simmenthal, la Virtus vinse al supplementare 92 a 88 e Dado ne fece 39. Quella fu la sua seconda performance con la Virtus: infatti il 22 gennaio 1947, esattamente 74 anni prima della sua scomparsa, nella vittoria 84 a 67 contro la Butangas Pesaro ne mise a segno 42. Tante sono state, però, le sue grandi prestazioni con la V nera sul petto: altre nove volte fece registrare punteggi tra i 35 e i 38 punti. Passò poi per due anni alla Fortitudo (con la F vinse tre derby su quattro, come tre li aveva vinti in maglia bianconera, però giocandone otto) e il primo anno dopo la sua partenza la Virtus si salvò solo agli spareggi; poi una stagione a Rieti, ma la V nera gli era rimasta nel cuore: "Fra i Knick o i Boston e la Virtus, avrei scelto la Virtus. Solo chi gioca in quella squadra lo può capire. Il presidente dell'Ignis Tedeschi e il presidente del Simmenthal Bogoncelli mi misero un assegno in tasca, ma non ho mai rimpianto, nemmeno per un momento, di aver scelto la Virtus. Da allenatore ha toccato tantissime piazze, raggiungendo molte promozioni e il migliore risultato a Reggio Emilia, con la semifinale scudetto nel 1998. Svanito il sogno di allenare la sua Virtus, tornò alle V nere come General Manager nel 2002, ma non era un buon periodo per la Virtus e comunque Dado si dimise prima di Natale, ebbe così almeno la consolazione di non assistere dall'interno all'estate del 2003, quando fu cancellata l'affiliazione della Virtus. Bologna fu fondamentale anche per la sua vita privata: Lombardi e il suo compagno in Virtus Emidio Testoni sposarono infatti due sorelle, rispettivamente Mariapia e Gabriella Rubbini, il cui padre aveva in via dei Mille una nota ferramenta per mobili, che portava il suo cognome, nella quale Gianfranco lavorò anche. Proprio Mariapia, scomparsa nel 2013, tifosissima Virtus, lo accolse in malo modo dopo un derby vinto contro la Virtus: "Hai fatto tutti quei canestri? Adesso ti fai anche da mangiare da solo!". Viveva da anni in Lombardia, ma Bologna e la Virtus erano indelebili anche per quel suo soprannome che si portò sempre addosso, retaggio dei tre anni di sponsorizzazione Knorr, dal 1962 al 1965.

SFATANDO UN MITO: LOMBARDI DA TRASFERTA NEL 1963/64

di Ezio Liporesi - 1000cuorirossoblu - 07/12/2021

 

Mentre il Bologna insegue uno scudetto che raggiungerà dopo una stagione di gioie, tribolazioni ed eventi drammatici, la Virtus cerca il suo tricolore che però arriverà solo a sfiorare. Fu la stagione in cui Lombardi mise insieme delle perle nelle partite fuori casa, che basterebbero a sfatare il mito che giocasse bene solo in casa. Alla seconda giornata ne fa 32 a Livorno nella vittoria bianconera 96-73; poi il 7 dicembre, esattamente 57 anni fa, ne infilò 34 a Cantù, trascinando i suoi al successo 84 a 78, il 2 febbraio furono 30 a Biella (72 a 60 per le Vu nere), due settimane dopo a Bologna, ma in casa del Gira ne segna 37 e la Virtus vince facile 93 a 69. Poi il capolavoro a Milano: nello stesso giorno in cui il Bologna batte il Milan a San Siro 2 a 1, la Virtus vince in casa del Simmenthal 92-88 dopo un tempo supplementare e Lombardi ne segna 39. Una settimana dopo a Roma sono 31 e contribuiscono alla vittoria bolognese 81 a 73. Il 19 marzo a Padova finisce 82 a 63 per i felsinei con 36 di Dado, che ne segna anche 30 a Gorizia dove finisce 102 a 87 per Bologna. A Varese, contro la Rober et Fides si ferma a 29, ma in 38 minuti perché la partita viene sospesa per invasione di campo quando la Virtus conduce 81 a 78 e finirà con un 2 a 0 a tavolino per i petroniani.

39 DI LOMBARDI A MILANO 58 ANNI FA FECERO TRIONFARE LA VIRTUS

di Ezio Liporesi - 1000cuorirossoblu - 01/03/2022

 

1964: La Virtus, dopo dodici partite è seconda in classifica, con undici vittorie e una sola sconfitta, patita a Varese, contro l'Ignis che comanda la classifica ancora a punteggio pieno, al terzo posto il Simmenthal con due sconfitte, patite nel turno precedente a Varese e alla decima giornata a Livorno, entrambe di un solo punto. Nell'ultima giornata di andata la Virtus è di scena a Milano contro il Simmenthal. Nello stesso giorno il Bologna calcio, capolista ha espugnato San Siro, battendo il Milan 2-1 e posizionandosi in classifica a più due sull'Inter e più tre sullo stesso Milan. La Virtus scende in campo con Calebotta, Alesini, Bonetto, Borghetti, Augusto Giomo, Lombardi, Pellanera, Santo Rossi, Tesoro e Zuccheri. La Knorr, sotto di dieci punti all’intervallo, rimontò fino all’81-81 al termine dei tempi regolamentari, per poi trionfare 88-92 dopo un supplementare trascinata dai trentanove punti di uno scatenato Lombardi. Dado, spesso accusato di disputare grandi gare casalinghe e di nascondersi in trasferta, diede una vera e propria lezione di pallacanestro. Questo il tabellino bolognese: A. Giomo 10 Pellanera 4, Lombardi 39, Zuccheri 11, S. Rossi, Alesini 4, Tesoro, Calebotta 10, Bonetto 12, Borghetti 2. Bologna in festa, Milano allibita. Le V nere si mantennero in scia a Varese, mentre le scarpette rosse rimasero un po' distaccate con tre sconfitte. A fine stagione il Bologna calcio conquistò il tricolore nello spareggio di Roma contro l'Inter il 7 giugno. Sei giorni dopo la Virtus avrebbe avuto la possibilità, battendo il Simmenthal, di guadagnarsi la possibilità di giocare lo spareggio contro l'Ignis, ma venne sconfitta al Palasport dalle scarpette rosse.