CARL ENGLISH

(Carl Jerome English)

Carl English marcato da Brett Blizzard che ne prenderà il posto l'anno seguente

nato a: Newfoundland (CAN)

il: 02/02/1981

altezza: 196

ruolo: guardia

numero di maglia: 8

Stagioni alla Virtus: 2005/06

statistiche individuali del sito di Legabasket

 

LA VIRTUS FIRMA CARL ENGLISH

www.virtus.it - 04/09/2005

La Virtus Pallacanestro aggiunge il tassello mancante all'organico che affronterà il campionato 2005/2006: la società ha infatti raggiunto un accordo con Carl English, guardia canadese uscita da Hawaii nel 2003. Carl Jerome English è nato a il 2 Febbraio del 1981, a Newfoundland, in Canada. Guardia di 196 cm per 93 chili, è uscito dal Hawaii, dopo aver frequentato la High School alla Fatima Accademy. Nel 2002/2003 ha realizzato 19.6 punti a gara con 5.6 rimbalzi al college: in totale, 1259, settimo marcatore della storia di Hawaii. Ha poi tentato l'avventura Nba partecipando al training camp di Indiana nel luglio 2003. Scelto in Nbdl dai Charleston Lowgators, vi ha giocato nella stagione 2003/2004: lo scorso anno, sempre in Nbdl, ai Florida Flame, ha chiuso la stagione a 21 punti di media.

 

LA PRESENTAZIONE DI CARL ENGLISH

di Enrico Faggiano - bolognabasket.it - 17/09/2005


Riflettori sul nuovo acquisto della Virtus Carl English, esterno canadese di bell'aspetto (potrebbe ricordare il Val Kilmer degli esordi, o Brad Pitt) e dalle esperienze di vita che lo hanno fatto maturare ben più di quanto l'età - 23 - possa dire. Ne parlerà subito, non sorpreso da domande che gli vengono fatte da sempre. Prima, la presentazione viene fatta da Lucio Zanca ("È all'esordio europeo, ma siamo fiduciosi: una volta persa l'NBA, è venuto da noi") e da coach Markovski, che di lui dice "è un grande talento, che in attacco può tirare sia dalla media che dalla lunga, e in difesa non arretra davanti a nessuno. E ha grandi margini di miglioramento. è inesperto d'Europa, e deve capire che questo è il livello più alto in cui abbia mai giocato; spero che a Natale se ne sarà reso conto. Lo abbiamo cercato quando lui ancora stava cercando l'NBA, poi siamo stati i primi della lista quando questo sogno è svanito".
Quindi, microfono al giocatore. Prima di tutto, il racconto delle sue vicissitudini. "È normale sentire tante domande sulla mia vita. Ho i genitori morti in un incendio quando avevo 5 anni, sono cresciuto con i fratelli e i miei cugini (che ho quindi considerato come altri fratelli) insieme agli zii, e anche il mio "secondo padre" è morto. Per cui il basket è stato modo per superare questi problemi, e l'ho sempre affrontato con grande determinazione pur ricordando che è sempre un gioco, e la vita reale tutt'altra cosa".
Anche la sua carriera ha seguito traiettorie anomale: dal Canada alle Hawaii. "Vero, ma quando sei al college hai così poco tempo libero che conta poco quanti chilometri disti da casa. è stata una scelta giusta, mi sono trovato in un ambiente familiare. Dopo, avevo un contratto di 2 anni con Indiana, e varie squadre con cui fare training camp. Ma nessun garantito: lo staff di Indiana è stato rivoluzionato, c'erano troppi giocatori a roster, tante guardie, l'arrivo di Jermaine O'Neal, quindi hanno dovuto fare delle scelte. Potevo andare in altre squadre, ma sempre con troppa incertezza. Ho avuto poco spazio nei training camp, ma penso di essere meglio di tanti che in NBA ci giocano. è solo questione di circostanze".
Allora ecco la scelta europea, italiana, virtussina. "L'Italia, insieme alla Spagna, è tra le migliori leghe europee, e l'occasione di giocare in una squadra importante e storica come la Virtus non capita tutti i giorni. Ho amici in Europa con cui ho già giocato, e questa è la soluzione giusta per provare a tornare in NBA, dato che gli scout sembrano più attenti a quello che capita da questa parte dell'oceano che non in America. Insomma, mi ritengo fortunato".
Infine, oltre al ricordo di un connazionale come Wennington che in Virtus passò dalla polvere del primo anno agli altari del secondo, con lo scudetto ("Cercherò anche io di vincere: amo la competizione, e alle parole preferisco il campo"), una battuta. Girano su Internet delle foto che lo ritraggono con in mano un fucile... "Era per paragonare il mio modo di tirare al modo di cacciare. Il fucile è mio, sono un cacciatore: ma vengo da un piccolo paese, e da noi andiamo a caccia per sopravvivere..."

 

MARKOVSKI SERENO: «ENGLISH? OCCORRE PAZIENZA»

di Alessandro Gallo - Il Resto del Carlino - 11/10/2005


«Occorre pazienza: non ho cambiato il mio pensiero». Zare Markovski, coach del Caffè Maxim, chiede tempo. Lo aveva annunciato quando English si presentò per la prima volta in città. «A Natale vedrete il vero English», disse. La valutazione negativa di domenica (-5 per il canadese) non gli ha fatto cambiare idea. Servirà pazienza per Carl, occorrerà saper aspettare una Virtus che non solo ha cambiato tantissimo, ma che annovera, tra le proprie fila, tanti debuttanti per la serie A italiana, da English a Drejer, da Pelussi a Lang senza dimenticare Gugliotta. «English – spiega Zare, che ieri ha concesso un giorno di riposo alla truppa – è un ragazzo di 24 anni, che per la prima volta nella sua vita esce dal suo continente. Avrei preferito un inserimento più rapido, ma questi tempi non mi stupiscono». E poi, aggiunge il tecnico macedone che negli States ha sempre pescato bene, l’atteggiamento del canadese gli è piaciuto. «Mi è parso un po’ choccato dal basket europeo, che è diverso da quello che si gioca negli States. Ma English non solo è un ragazzo serio, è pure un professionista. Ha capito quello che gli chiediamo: sta facendo di tutto per mettersi al servizio della squadra e del gruppo. Durante gli allenamenti, poi, è sempre pronto e concentrato». Per ora basta. Anche se già giovedì Markovski chiederà un passo in avanti al biondino, che fino a poco tempo fa, probabilmente, non conosceva nulla né dell’Europa né del nostro paese. Giovedì e domenica gli abbonati Virtus potranno entrare a Casalecchio esibendo la ricevuta rilasciata da Carisbo al momento della sottoscrizione.

 

ENGLISH: «DEVO SOLO PRENDERE LE MISURE AL VOSTRO BASKET»

di Alessandro Gallo - Il Resto del Carlino - 12/10/2005


Sulla spalla sinistra un tatuaggio particolare: ‘the sky is the limit’. Ovvero: il limite è il cielo con l’immagine, stilizzata, di Michael Jordan del quale è un grande tifoso (e negli States, non a caso, aveva il numero 23). Carl English non ha dubbi. «Datemi due settimane di tempo – racconta la guardia canadese -. Il mio impatto in attacco non è stato buono. Ma in difesa credo di aver dato una mano». Markovski lo difende, English non cerca alibi ma chiede tempo.
«Per me – spiega – è tutto nuovo. La lingua, il cibo, gli arbitri, i campi, la pallacanestro. Ma negli Stati Uniti mi porto dietro la fama di duro e tiratore. Non ho nessuna intenzione di cambiare le mie abitudini. Già dalla prossima gara – sono sicuro – il mio impatto sarà diverso».
 

English in entrata

 

IL FRATELLO VERO DI ENGLISH

di Alessandro Gallo - Il Resto del Carlino - 14/11/2005


Per la domenica da capolista la Virtus si concede un pomeriggio insolito. Tutti a centrocampo – prima squadra e giovanili – con il berrettino da Babbo Natale in testa. Non è una cartolina-sberleffo da spedire in piazza del Campo (Sabatini e Recalcati si scambiano complimenti): è per il calendario che la Virtus preparerà per le feste. E una domenica davvero speciale. English per qualche minuto forse si sente Danilovic. Succede che una sua tripla vada a bersaglio e che abbia un libero addizionale. E’ il tiro da quattro, anche se il canestro è quello opposto, anche se la posta in palio non è quella del 1998. Alza le braccia al cielo, English: usa pollice, indice e medio per indicare il numero tre. E incassa una battuta del suo proprietario: «Questa volta è venuto il fratello, quello più forte». Ride Sabatini, mentre Bertocchi, il presidente, ha l’occhio lucido. Di Virtus vincenti e vittoriose ne ha viste tante. Ma è la prima volta, da presidente, che si trova ai vertici in A. E’ la domenica degli striscioni: «Si gioca in cinque, si vince in settemila», scrivono i Forever Boys, che alla fine ne srotolano uno più criptico: «Grazie Luciano». E’ Luciano Andalò, figlio di Amato: per anni ha seguito le gesta del padre lavorando al PalaMalaguti. Quella di ieri è stata la sua ultima partita, cambierà lavoro. E’ una domenica speciale per Pelussi: prima o poi a casa sua, sarà festa grande con carne rigorosamente argentina. E’ la domenica speciale di Andrea Binelli, figlio d’arte, che batte il babbo, Augusto. Va a referto a 14 anni (Gus c’era finito a 16) e vince senza giocare, come il papà, 24 anni or sono. Anche ieri sembrava una partita impossibile contro la capolista. Ventiquattro anni fa la Sinudyne fermò Cantù. Ruota allora per Augusto, ruota ieri per il piccolo Andrea: se son rose…

 

ENGLISH: «NON HO MAI PENSATO CHE LA VIRTUS MI CACCIASSE»

di Alessandro Gallo - Il Resto del Carlino - 05/01/2006


Il suo passato e la sua storia lo hanno aiutato parecchio. Ma se Carl English, il ‘cacciatore’, si è ritagliato uno spazio nella Virtus, lo deve anche ai compagni e all’allenatore. Che non hanno mai smesso di sostenerlo quando le cose non andavano per il verso giusto. Quando il biondino, 24 anni, canadese e abituato a viaggiare – ma non troppo lontano dal continente americano – vedeva ogni tiro sputato dal ferro, ogni suo sforzo ripagato nel peggiore dei modi dalla ‘dea bendata’.

English, è cambiata l’aria?

Personalmente sì. Mi sembra che la squadra, però, finora possa contare su un buon rendimento.

Prima di vincere a Udine, però…

C’è stata una piccola flessione di rendimento. Ma a Udine c’è stata una risposta precisa. Una risposta firmata dal gruppo.

Tre sconfitte consecutive: ha trovato una spiegazione?

Alti e bassi nel corso di una stessa stagione, ci possono anche stare. E poi alcune sconfitte sono arrivate con formazioni quotate. La Fortitudo nel derby e poi la Benetton.

Però contro Treviso, al PalaMalaguti, prima di Natale, c’è stata quasi una resa, senza lottare.

Non abbiamo giocato come sappiamo. Abbiamo commesso qualche errore. Abbiamo parlato tra di noi, ne siamo usciti.

Anche per lei non deve essere stato facile.

Perché?

Beh, tra ottobre e novembre è sembrato sull’orlo del taglio.

Sinceramente nessuno mi ha mai parlato di queste cose. Anche se tutto questo fa parte della pallacanestro. Poi in qualche modo sono stato aiutato anche dalla mia storia e dalla mia vicenda umana. Sono uno abituato a lottare, uno che non vuole arrendersi mai.

In quel periodo pareva che i suoi compagni la sostenessero non poco.

Mi hanno supportato parecchio. I risultati sul campo non si vedevano.Ma i miei compagni, però, erano in palestra con me. E si sono accorti che durante gli allenamenti non mi sono mai tirato indietro. Questo alla fine ha pagato.

Nel derby ha giocato con molta intensità. Quasi conoscesse la storia di quella sfida.

Me ne avevano parlato, c’era tanta curiosità attorno a quel confronto. Ho cercato di giocarlo al meglio, come sempre.

Da Roma in poi è stato quasi sempre un punto fisso dello ‘starting five’ di Markovski. E’ così importante?

Preferisco iniziare le partite, ma non è un problema anche entrare di rincorsa. Siamo una squadra, un gruppo. Dobbiamo metterci a disposizione degli altri.

Le parole final eight e Coppa Italia?

Sono, anzi, siamo concentrati sulla prossima partita. Inutile fare discorsi a lunga scadenza. Abbiamo parlato del derby e della Benetton che appartengono al passato. La final eight e la Coppa Italia ci saranno più avanti. Noi pensiamo solo a Roseto.

Battere Roseto forse significherebbe ipotecare la qualificazione alla Coppa Italia.

Noi scendiamo in campo sempre per vincere. Qualche volta ci riesce, altre volte no. Ma il nostro bilancio attuale dice che si riusciamo con una certa frequenza.

C’è qualche compagno con il quale ha legato di più?

No, mi trovo bene con tutti. Veniamo da esperienze diverse, abbiamo culture diverse. Ma non è stato un problema trovare un’intesa.

E l’ambientamento a Bologna?

Qua mi trovo bene. E’ una città divertente, mi ha raggiunto anche mia moglie.

La lingua è il problema?

No, perché il linguaggio della pallacanestro è universale, facile intendersi. Poi sto cercando di imparare l’italiano. Non vado a scuola, perché il tempo dello studio è finito all’università. Diciamo che alcune cose, ormai, le capisco.

Cosa fa nel tempo libero: musica, cinema?

No. Niente musica e cinema. Internet, per restare in contatto con tutti.
 

PROVACI ANCORA ENGLISH "CUORE E TIRO, RESISTO COSI'"

di Marco Martelli - La Repubblica - 04/02/2006


Per la prima volta lontano dal continente natìo, affacciatosi a un altro pianeta e un'altra pallacanestro, convivendo con un personalissimo stile di gioco da smussare giorno dopo giorno, è già un miracolo che Carl English, nella diciannovesima partita stagionale, oggi a Capo d'Orlando (diretta Sky Sport 2 dalle 18.30), vesta ancora la maglia con la Vu Nera e possa di nuovo, come nel derby, soffiarsi sulle dita mandando in visibilio la sua gente. È a Bologna da quattro mesi e mezzo, e dopo 18 partite è l'esterno extracomunitario che in campionato segna meno (8.7 punti), tira peggio i liberi (15/28, 53.6%), tira peggio da due (32%). Eppure, la sua stagione non è una questione di aridi numeri. Anche, ma non solo.

Dalle tante volte in cui pareva già al capolinea, zaino in spalla e biglietto di ritorno per gli States, English s'è sempre rialzato, anche nella stessa sera, convincendo i compagni che poteva essere non solo un compagno da sopportare, bensì uno da supportare. E, dopo aver impilato mattoni vincenti, rendendo meno impellente la ricerca di un sostituto. L'ultima, domenica scorsa con Milano, è finita con la migliore prova dell'anno, per importanza ed impatto. Alla fine, stuzzicato dai microfoni di Sky, non ha potuto nascondere la sua amarezza per le voci, spalancando occhi rassegnati. «È frustrante – ha detto - , ma l'unica cosa che posso fare è metterci il cuore e dare il massimo».

«Poi – ha aggiunto ieri - , non capisco l'italiano, non leggo i giornali e cerco di isolarmi dalle voci».

Per non affondare ci vuole forza e carattere. Il "biondino", come lo chiamano da più parti, pareva già a fine corsa dopo due gare di amichevole, a Castelfiorentino, così come a Milano, esordio in stagione, il suo labile impatto (1/7 e - 5 di valutazione) aveva già rispedito Markovski sul mercato. Tiratore, dicevano le schede, e nessuno ai campionati americani aveva fatto meglio. Veniva da chiedersi come mai, con tale obice, preferisse l'uno contro cinque, spesso contro un muro.

«È difficile cambiare modo di giocare – racconta -. La mia forza è sempre stato il tiro da fuori, ma venivo da una pallacanestro diversa, più aperta, con la regola dei tre secondi difensivi che rendeva l'area meno affollata. Qui mi hanno detto: palleggia meno, tira di più. Perché si difende eccome».

Lasciate due impronte (Livorno e Milano) in mezzo a molte macchie, inclusa una partenza da 3/19 nelle triple, difficilmente verrà salvato dal miglioramento statistico. Con un Vukcevic in più e molta pressione in meno, nelle settimane che separano la Virtus dall'ultima scelta dell'anno, English rimarrà un giocatore di fiammate, capace di reagire, anche dopo due liberi sbagliati (con Roseto, e primi mugugni dal pubblico), con bombe scacciapensieri. Imprevedibile, insomma, anche per la stessa Virtus. «Per me era ed è una questione di ambientamento – dice, prima di salire sull'aereo per la Sicilia -, più per la nuova cultura che per la pallacanestro. Il basket è lo stesso sport, basta adattarsi. Qui il sistema di Markovski mi piace, ci sono opzioni per tutti, e poi sono abituato a correre sui blocchi. Se me l'aspettavo così? Forse no, e a tutti dirò che venire in Europa non è semplice come molti americani pensano. Mi dissero che Italia e Spagna erano le leghe più vicine alla Nba: ora posso confermarlo, ogni giorno lavoro per essere più competitivo».

Oggi, in campo, lavorerà per un'altra vittoria, lui che in trasferta va meglio che in casa (10.5 punti e 48% da tre contro 7.2 e 34%). Poi saremo di nuovo qui, dopo il match di stasera, a contare gli exit-poll del partito del taglio e quello della conferma, che una frangia del tifo, quella che l'ha inondato di e-mail di auguri di compleanno (25, giovedì scorso), vorrebbe a prescindere. Lui ci avrà comunque provato.

 

ENGLISH, IL CANADESE DISPERSO

di Alessandro Gallo - Il Resto del Carlino - 27/03/2006

 

Domenica di tutto riposo per una Virtus dove tutto procede per il verso giusto. Due sole, in questo momento, le note stonate. La prima, suo malgrado, riguarda l’ultimo arrivato, Vedran Morovic.
Ingaggiato in corsa per ricoprire il ruolo di play, il piccolo croato ha esordito — e l’ha fatto pure bene — in casa con Avellino. Poi, da quel momento, è scomparso. Una contusione alla schiena con conseguente ematoma l’ha costretto a restare fuori dai giochi. Vedran non si allena e Markovski, che pure si fida di lui e delle sue capacità di lettura, non lo può impiegare sul parquet. E il risultato è che, nelle ultime quattro gare, nei dodici è finito il canadese Carl English.
Ma è svanita, cronometro alla mano, la fiducia nel canadese. Anche a Siena, nei momenti caldi, il tecnico macedone ha preferito l’atletismo di Gugliotta, più utile ed efficace, almeno in una zona del campo. Detto che domani Morovic dovrebbe riprendere gli allenamenti, English davanti ha una sola strada per recuperare il terreno perduto. Tornare a fare lo specialista. Ovvero il giocatore che riceve il pallone e tira all’uscita dai blocchi e l’atleta che può dare una mano a rimbalzo. Poche cose, dunque, ma fatte bene: quello che, di fatto, gli ha sempre chiesto Markovski.
Di temperamento generoso, Carl ha cercato di rendersi utile in mille motivi (anche nel ruolo di play), ma la Virtus attuale ha bisogno di uno specialista. Se English metabolizza la lezione, ritroverà minuti importanti. Diversamente...

LA METAMORFOSI DI CARL ENGLISH

di Angelo Potenza - Basketville.it

 

La squadra rivelazione di quest'anno in ACB è il Kalise Gran Canaria. Arrivata sesta in stagione regolare e pronta alla sfifa con l'Unicaja nei playoff, la società isolana può essere definita un'isola felice della pallacanestro iberica, essendo alla quattordicesima stagione consecutiva nel massimo campionato professionistico della penisola.

Come succede anche in Italia per le società medio-piccole, ogni anno è costretta a partire praticamente da zero, anche se i quasi sei milioni di euro di budget di quest'anno non trovano riscontro in nessuna delle realtà cestistiche di medio-basso livello della nostra Lega A.

La stella del roster quest'anno è Carl English, la guardia canadese sbarcata senza fortuna tre anni fa nel nostro campionato tra le fila dell'allora Vidivici Bologna. Alla seconda stagione nelle Canarie, l'ex-virtussino si è confermato anche quest'anno su livelli altissimi in termini realizzativi, e ha trascinato la sua squadra ad un campionato vissuto costantemente tra i quartieri alti della classifica - qualificazione alla Copa del Rey, ai playoff ed alla prossima Eurocup - issandosi all'ottavo posto assoluto nella classifica dei marcatori del campionato con 16,2 punti di media a partita.

Ciò che sorprende maggiormente nel confronto tra le sue statistiche di questa stagione e quelle dei trascorsi virtussini non è tanto il miglioramento delle percentuali realizzative, ma il fatto che queste ultime siano cresciute con quasi il doppio dei tiri tentati tra una stagione e l'altra (7 a partita a Bologna, 13 quest'anno). Inoltre, mentre in realtà le sue percentuali dall'arco sono rimate pressoché invariate (in bianconero tirava con il 40% da tre mentre quest'anno ha il 37% dai 6 metri e 25), sono le sue percentuali da due ad essere sensibilmente cresciute, passando adl 34,3 al 51%. Ma mentre a Bologna English tentava solo 2,8 tiri da due di media a partita, quest'ann ha tirato più di 7 volte da quelle distanze in ognuno dei 32 match disputati in stagione regolare.

Queste cifre rivelano come la guardia di St. John's abbia raggiunto una maggiore completezza nel suo repertorio offensivo, sicuramente anche grazie al fatto di aver acquisito maggior fiducia nei propri mezzi in questi due anni trascorsi nelle Canarie. Lui stesso ad agosto rifiutò offerte importanti di squadre russe ed ucraine, nonché di Malaga e Badalona, dichiarando di aver scelto di restare a Las Palmas perché "è il posto ideale per migliorare, individualmente e come gruppo". E chissà che nei playoff i "canarini" non abbiano smesso di voler migliorare. E di voler stupire, a partire da Carl!