GIORGIO BONGIOVANNI

Giorgio Bongiovanni qualche anno dopo in Sala Borsa

 

nato a: Bologna

il: 04/03/1926

altezza:

ruolo: playmaker

numero di maglia:

Stagioni alla Virtus: 1943/44

(in corsivo la stagione in cui ha disputato solo amichevoli)

 

PROFILO

di Ezio Liporesi per Virtuspedia

 

Nel 1943/44 il campionato non inizia, solo ad agosto lo si organizza strutturato in un girone finale con Reyer, Ilva Trieste, Ginnastica Triestina, Crda Trieste (la Virtus, invitata, non partecipa). A causa di un reclamo, il titolo vinto dalla Reyer non fu assegnato. Ridotta al minimo l'attività in casa Virtus, ma comunque viene disputato a febbraio in Santa Lucia un torneo volante, nel quale le Vu nere presentano due squadre, la A e la B, e a cui partecipa anche la polisportiva Cisponi. Sempre in Santa Lucia il 5 aprile Virtus A e Virtus B si affrontano in amichevole, vinta per 38-31 dalla squadra A. Nella squadra B figura anche Bongiovanni. L'incontro è particolarmente significativo perché si tratta dell'ultima partita disputata nella gloriosa palestra della chiesa sconsacrata.

 

EUROPEI DI BASKET: PARIGI 1951
IL RICORDO DI … GIORGIO BONGIOVANNI

di Nunzio Spina - basketcatanese.it - 03/12/2016

 

Il cestista del Gira Bologna, oggi 90enne, racconta l’esperienza del campionato di Parigi 1951 con la Nazionale italiana… Van Zandt e un europeo che poteva dare un risultato migliore…

Giorgio Bongiovanni è nato a Bologna, il 4 marzo del 1926. E’ stato una dei primi grandi giocatori del Gira Bologna, un club fondato nel 1945, come nuova sezione di una polisportiva che era nata seguendo la passione per il ciclismo (Gira non è altro che l’iniziale del cognome di Costante Girardengo). Approdato in serie A nel ’48, il Gira fu per un decennio la seconda squadra bolognese dopo la Virtus Minganti. Nel campionato ’53-’54, con Bongiovanni nella doppia veste di giocatore-allenatore, la squadra riuscì a precedere i cugini al secondo posto (dietro la Borletti Milano). In maglia azzurra Bongiovanni ha disputato due campionati europei (Parigi ’51 e Mosca ’53), la prima edizione dei Giochi del Mediterraneo (nel ’51 in Egitto, vincendo il bronzo) e l’Olimpiade di Helsinki del ’52. Sposato con Franca Ronchetti (ex cestista azzurra, nonché sorella minore della più nota Liliana), Giorgio Bongiovanni vive a Torino, e a 90 anni compiuti è il nostro primo testimone nella storia degli Europei maschili di basket.

“Oh Parigi 1951! Di quanti anni mi fate tornare indietro! Era la mia prima competizione importante con la maglia azzurra, anche se Van Zandt mi aveva già fatto esordire l’anno precedente, a Nizza, in una partita contro l’Austria (credo fosse un torneo). Ero emozionato, anche perché mi ritrovavo in squadra con vecchi marpioni come Rubini, Stefanini, Tracuzzi, Primo, che tra l’altro avevo avuto come avversari in campionato. Ricordo vagamente il velodromo dove furono disputate le partite; un impianto al coperto come quello era qualcosa di straordinario per noi a quei tempi”.

“Van Zandt era una gran brava persona, si impegnava molto negli allenamenti per inculcarci soprattutto i fondamentali. Ma io devo dire che in questo ero avvantaggiato, perché nella mia squadra, il Gira, avevo come compagno e come coach Larry Strong, un americano che al pari di Van Zandt era sbarcato in Italia con le truppe alleate. Diciamo che ho avuto il piacere di crescere accanto a ottimi maestri”.

“A Parigi forse potevamo ottenere qualcosa di più, ma abbiamo avuto la sfortuna di trovarci subito di fronte la Francia, aiutata dal pubblico, e poi nella seconda fase l’URSS e la Cecoslovacchia, che erano fuori dalla nostra portata. Comunque il quinto posto per me fu un buon piazzamento. In una partita giocai particolarmente bene, e tutti mi fecero i complimenti, ma non ricordo più quale fosse…”.

Era l’ultima del torneo, quella che appunto valse il quinto posto; l’Italia sconfisse la Turchia 43 a 38, e Bongiovanni mise a segno 14 punti. Meglio di lui avevano fatto solo Stefanini (16 con la Francia) e Cerioni (15 con la Grecia).

LE 95 CANDELINE DI GIORGIO BONGIOVANNI

di Nunzio Spina - superbasket.it - 04/03/2021

 

Novantacinque anni oggi! Giorgio Bongiovanni tiene ancora ben salda in mano la bandiera della pallacanestro italiana sbocciata nel secondo dopoguerra. Ultimo esponente di quella generazione di eroi, che tra macerie e angosce di una Italia da ricostruire riversò su un pallone di basket la propria voglia di tornare a sorridere alla vita.  Ci voleva tanta passione e altrettanto entusiasmo per riuscire in questa impresa; e alla fine quella generazione conobbe la gloria di una rinascita sportiva, con campi affollati da spettatori, sfide avvincenti per la conquista dello scudetto, una Nazionale che rilanciava il suo azzurro in giro per il mondo.

Passione ed entusiasmo, nell’animo di Bongiovanni, non si sono mai spenti; sgorgano ancora dalla sua voce, sia nel ricordare il passato di giocatore e di allenatore, sia nel rivelare il presente di spettatore davanti alla TV. Il basket è cambiato parecchio negli anni, ma i princìpi fondamentali sono sempre quelli: per esempio, bisogna ben proteggere la palla per trovare la via del canestro e non farsi sorprendere dagli avversari. A me questo sport continua a divertire e ad emozionare, allora come adesso.

Vive a Torino, circondato dall’affetto di tre figli e tre nipoti, ancora più vicini a lui da quando, nel 2018, ha perso l’inseparabile compagna della sua vita, Franca Ronchetti, protagonista anche lei nella storia della pallacanestro italiana, con sette scudetti vinti tra gli anni 40 e 50 (più della celebre sorella Liliana) e sette anni di presenze in Nazionale. Una famiglia che si è sempre alimentata a pane e basket, dai genitori ai figli; adesso cè una nipote sedicenne, che a furia di sfogliare l’album delle foto dei nonni ha messo al primo posto dei suoi sogni quello di raggiungere gli stessi traguardi.

Città d’adozione, Torino; per Giorgio un rapporto d’amore che dura ormai da più di sessantanni, non meno intenso di quello con Bologna, la città di origine e del suo passato cestistico più florido. La guerra gli aveva rubato i migliori anni dell’adolescenza, lui che era nato il 4 marzo del 1926. Non cera che il campetto parrocchiale di Porta San Mamolo per rifugiarsi in qualche gioco; inseguivamo un pallone da calcio, di più non si poteva. Poi, però, cessarono i bombardamenti, e ci fu spazio per dare sfogo a ogni desiderio, se non a provare esperienze nuove.

Il basket, a Bologna, le aveva già piantate le radici, grazie soprattutto alla Virtus, che negli anni 30, nel leggendario Santa Lucia (campo ricavato all’interno di una chiesa sconsacrata), era stata sempre ai vertici del massimo campionato. Alla ripresa dell’attività agonistica, però, Giorgio Bongiovanni si era ritrovato in un’altra parrocchia, in quella Polisportiva Gira, che dopo essersi dedicata al ciclismo (i fondatori, nel dare il nome alla società, si erano ispirati al loro idolo Costante Girardengo), aveva aperto nel ’45 la sezione pallacanestro. Una rapida scalata verso il massimo campionato, e poi, dalla stagione 48-49, il via alle sfide stracittadine con i nobili cugini delle V nere (che fino ad allora avevano vinto quattro scudetti consecutivi) e a quelle, ancora più esaltanti, con i milanesi della Borletti (che da allora in avanti ne avrebbero vinti cinque di fila). Eppure ce la siamo presa qualche soddisfazione; non avevamo paura di questi squadroni, e più di una volta siamo riusciti a batterli. La nostra forza era il controllo della palla: dovevano passare sul nostro corpo,  prima di togliercela, e al massimo potevamo perderla una, due volte a partita, non di più….

Questa della protezione del pallone, utilizzando bene palleggio e passaggi, era uno dei tanti comandamenti che stavano scritti nelle tavole della legge di James Larry Strong, militare statunitense sbarcato ad Anzio con la Quinta Armata, e poi arruolato dal riemergente sport italiano; baseball e football americano, oltre al basket, Livorno e poi Bologna. Per un piccoletto come Bongiovanni, che in campo correva e saltava (proverbiali le sue acrobazie), era quel che ci voleva per affinare anche le doti tecniche: “Strong era bravissimo. Ci ha insegnato i fondamentali come forse nessun altro a quel tempo era in grado di fare in Italia. E pretendeva! Se sbagliavi una cosa in allenamento, pagavi dazio: come minimo erano cinque giri di campo a tutta velocità….

Strong, che in squadra giocava oltre che allenare, fu un modello da imitare per il rampante Giorgio; al punto che quando il coloured prese la strada della vicina Virtus fu lui a caricarsi, nel Gira, il doppio ruolo di allenatore-giocatore. E ne venne fuori un vero exploit! In due stagioni, tra il 52 e il 54, arrivò un terzo e un secondo posto in classifica; quest’ultimo, con i cugini bianconeri dietro, per la prima volta dietro. Un evento storico a Bologna! Anche perché entrambi i derby se li erano aggiudicati gli arancioneri del Gira, che sul loro campo avevano anche inflitto ai milanesi della Borletti noiosamente vincitori di scudetto l’unica sconfitta del campionato. Che battaglie! A volte si giocava in un campo allestito nella piscina coperta dello stadio. Ma il vero tempio del basket era la Sala Borsa, proprio là al centro di Bologna, in Piazza Nettuno. Mi vengono ancora i brividi a ripensare all’atmosfera elettrizzante di quel luogo, il pubblico accalcato tutt’intorno al rettangolo di gioco e nelle balconate sopra; una bolgia che esaltava i padroni di casa e intimoriva gli ospiti. Potete immaginare cosa poteva succedere quando cera il derby.

Quell’indiavolato di Bongiovanni, che correva, saltava e segnava, che lottava su ogni pallone (le ginocchiere proteggevano la pelle negli atterraggi sul duro pavimento), non poteva passare inosservato agli occhi del clan azzurro. Fu il concittadino Giancarlo Marinelli veterano della Virtus e della Nazionale a convocarlo per i primi raduni, e a portarlo alla corte di Elliot Van Zandt, commissario tecnico prelevato, come Strong, dalle truppe americane sbarcate in Italia. Esordio ufficiale a Nizza, nel gennaio del 50, Italia-Austria, partita di qualificazione ai primi Campionati Mondiali di Buenos Aires, ai quali però si decise poi di non partecipare. Sicché le manifestazioni importanti, per lui, cominciarono nel 51. Europei di Parigi, quinto posto; si ritrovò in squadra con Cesare Rubini, Vittorio Tracuzzi, Sergio Stefanini, Giancarlo Primo. “Sì, ricordo il Velodrome dHiver, limpianto al coperto dove si giocava, vicino la Tour Eiffel; in una partita ho dato una stoppata incredibile a un avversario, da qualche parte devo avere anche la foto di questa mia azione. Poi, ancora nel 51, la prima edizione dei Giochi del Mediterraneo, ad Alessandria d’Egitto; medaglia di bronzo.

L’anno dopo fu il turno delle Olimpiadi. Si andò a Helsinki, a disputare un torneo di qualificazione, proprio nei giorni a ridosso della inaugurazione. Esonerato Van Zandt, al suo posto cera il vecchio compagno di squadra Tracuzzi: la sconfitta con l’Egitto negò l’accesso alla fase finale. Che peccato! Però ho vissuto lo stesso l’emozione di una Olimpiade: rivedo il Tennispalatsi, che era l’impianto adibito alla pallacanestro, e la cerimonia d’apertura allo stadio olimpico, col mitico fondista finlandese Paavo Nurmi che accende il braciere…. Nel 53 gli Europei di Mosca; settimo posto, ancora Tracuzzi in panchina, e tra i compagni, Achille Canna, Tonino Zorzi, Sandro Riminucci. Carriera in azzurro chiusa nel 54 (per un totale di 50 presenze).

Sarebbero arrivati tempi meno felici a Bologna, tra la partenza dell’americano di turno (il bianco occhialuto Frank Germain), qualche incomprensione con la società, il bisogno per Bongiovanni di trovare un lavoro, che rappresentava la priorità in tempi in cui non si sapeva ancora cosa fosse il professionismo nel basket. Aveva conosciuto Franca, nel frattempo. Il primo scambio di sguardi in occasione di un collegiale a Roseto degli Abruzzi, dove erano stati entrambi convocati; la scintilla scoccò subito. Da quel momento, incontri tra una trasferta e l’altra, mentre Franca continuava a vincere scudetti con la sua Comense (e anche per lei due Europei in maglia azzurra); fino a quando è arrivato il matrimonio, nel maggio del 54, e dopo appena un anno la nascita della prima figlia, a Bologna.

L’invito di un dirigente piemontese, tal Martinotti, arrivò al momento giusto: Mi disse: «Se venite a Torino, trovo una squadra per tutti e due, e per te anche un sicuro impiego…». Non ci pensai due volte e andai. Io lavoravo tutto il giorno presso un’industria meccanica, la sera andavo ad allenarmi in palestra; giocai ancora una decina di stagioni con la RIV, una squadra che militava nella seconda serie nazionale, e che più di una volta sfiorò la promozione. Franca aveva il suo bel da fare in casa (sarebbe arrivato presto il figlio maschio, e più in là negli anni la seconda femmina, n.d.r.), e poi anche lei in palestra, con la FIAT (dove avrebbe conquistato altri tre scudetti nei primi anni 60, n.d.r.); ci dividevamo i figli per non lasciarli soli durante le partite: una veniva in panchina con me, l’altro andava con la mamma”.

Giorgio smise di giocare alla soglia dei quarantanni, tenendo a battesimo nella RIV diversi giocatori, tra cui Alberto Merlati (diciassette anni più piccolo), futuro protagonista con la maglia di Cantù e della Nazionale. Il rapporto di Bongiovanni col basket passionale, inscindibile non si sarebbe praticamente mai interrotto. A Torino lo avrebbero ancora accolto per anni in palestra, preziosa fonte di insegnamento ai giovani; collaborazioni con Gianni Asti, con Federico D’Anna, con Dido Guerrieri.

Novantacinque anni, oggi, e ben portati. Giorgio Bongiovanni starebbe ore a parlare del suo passato cestistico, magari mentre tiene in braccio Jody, il suo simpatico maltese. Riaffiora un aneddoto dietro l’altro, nella sua mente lucida. Come quello della sua esperienza di militare in Marina; in missione con la torpediniera Sagittario, per il sospetto che avesse inalato del vapore secco, lo avevano ricoverato all’Ospedale Militare di La Spezia, che guarda caso confinava con un campo di basket: Io scavalcavo e andavo a giocare; una volta feci anche una partita con la maglia del Gira (erano i primi tempi non eravamo ancora nella massima serie), e sentivo tutti gridare: «Ma quello è il marinaio, che ci fa là?»”… Descrive la scena di quando venne portato in trionfo dopo una vittoria col Borletti” (per lui da coniugare al maschile), e vide con piacere che tra il pubblico avevano trascinato anche la sua mamma… E poi ci tiene a sottolineare: “In campo davo l’anima, ma sono stato sempre corretto. Ho preso una sola ammonizione in tutta la carriera, perché secondo l’arbitro avevo dato una gomitata a un avversario: volevo che mi spiegasse come avrei potuto farlo, se l’avversario era il doppio di me e io gli stavo dietro; mah….

Insomma, di storielle da raccontare ai nipoti ne ha quante ne vuole; le sue, e quelle di nonna Franca. Alla nipote cestista in erba, poi, potrebbe aggiungere anche qualche piccolo insegnamento. Del tipo: Ci vuole coraggio in campo, non avere paura di nessuno, bisogna dare sempre il massimo. E ricordati di proteggere bene la palla!.

GIORGIO BONGIOVANNI

di Ezio Liporesi - basketcity.net - 11/03/2021

 

Il 4 marzo ha compiuto 95 anni Giorgio Bongiovanni. Qualcuno si potrebbe meravigliare di trovarlo in questa rubrica, invece è un suo posto di diritto. Perché sicuramente Giorgio è un grande, lo testimoniano tra l'altro 50 presenze in Nazionale, il bronzo vinto ai Giochi del Mediterraneo nel 1951 ad Alessandria d'Egitto, la partecipazione alle Olimpiadi di Helsinki nel 1952 e agli Europei di Parigi nel 1951 e di Mosca nel 1953. E il suo legame con le V nere è innegabile: sebbene sia stato bandiera del Gira, giocatore poi anche allenatore con il doppio ruolo, ma proprio con la V sul petto erano stati i suoi inizi. Solo che era il periodo della seconda guerra mondiale e così non risultano gare ufficiali in bianconero. 1943/44: il campionato non inizia, solo ad agosto lo si organizza un strutturato in un girone finale con Reyer, Ilva Trieste, Ginnastica Triestina, Crda Trieste (la Virtus, invitata, non partecipa). A causa di un reclamo, il titolo vinto dalla Reyer non fu assegnato. Ridotta al minimo l'attività in casa Virtus, ma comunque viene disputato a febbraio in Santa Lucia un torneo volante, nel quale le V nere presentano due squadre, la A e la B, e a cui partecipa anche la polisportiva Cisponi. Sempre in Santa Lucia il 5 aprile Virtus A e Virtus B si affrontano in amichevole, vinta per 38-31 dalla squadra A. Nella squadra B figura anche Bongiovanni. L'incontro è particolarmente significativo perché si tratta dell'ultima partita disputata nella gloriosa palestra della chiesa sconsacrata. Poi nel dopoguerra il passaggio al Gira. Giorgio sposò Franca Ronchetti, scomparsa nel 2018, sette volte campione d'Italia, che aveva anche fatto parte della Nazionale di pallacanestro femminile dell'Italia in 76 occasioni, nel Campionato europeo femminile del 1950 in Ungheria e in quello del 1952 in Unione Sovietica. Alla sorella di Franca, Liliana, deceduta nel 1974 a 46 anni, quattro volte consecutivamente tricolore (con compagna la sorella), più volte migliore realizzatrice del campionato e 83 volte nazionale, dal 1975 è intitolata la Coppa delle Coppe femminile, da allora Coppa Ronchetti. Coppia di fratelli cestisti anche in casa Bongiovanni: anche il fratello di Giorgio, Alfonso, giocò nel Gira, senza però raggiungere gli stessi apici.