TOM ASSI

 

nato a: Trani

Il: 06/01/1935

Biografia tratta da https://www.atleticatommasoassi.it

 

Tommaso Assi era nato a Trani il 6 gennaio 1935. Nella città natale frequentò le scuole e conseguì la maturità classica presso il Liceo De Sanctis.

Appassionato sin da giovanissimo di sport, iniziò a mettersi in luce proprio con la squadra di atletica della sua scuola, gareggiando nella corsa campestre. Passò alla società della Landolfi Molfetta, allenato dal maestro Bettella, quindi corse nelle varie discipline del mezzofondo per i colori delle Assicurazioni Generali Palermo (1959), e delle Fiamme Oro Bari (1960), conquistando il titolo italiano juniores nella maratona. Nel 1961 lasciò definitivamente Trani per trasferirsi nel vicentino, a Thiene. Vestì la maglia della Fulgor Thiene, quindi dell'Atletica Schio e della Riccardi Milano. Intanto insegnava Educazione Fisica a Schio, e nel 1965 sposò Maria Grazia Genovese. Dal loro matrimonio nacque Michela.

Maratona, cinquemila e diecimila metri erano le sue specialità, che gli valsero la convocazione nella nazionale di atletica.

Fu “azzurro” più volte, dal 1959 al 1965. Grande amico di Livio Berruti, nel 1960 fu selezionato per le Olimpiadi di Roma ma poi fu lasciato a casa per una scelta “politica”. La sua ultima gara internazionale fu la maratona durante l'incontro delle Sei Nazioni di Berna, dove giunse ottavo. In quella disciplina il suo miglior tempo fu 2 ore e 24 minuti. Nel '66 abbandonò l'insegnamento per dedicarsi a quella che era sempre stata la sua passione.

Presso il CONI di Roma si era da poco aperta la Scuola Centrale dello Sport: Tom Assi, facendo continuamente la spola tra Thiene e la Capitale, ne fu uno dei primi iscritti, e nel 1969 conseguì il diploma di Maestro dello Sport, una sorta di allenatore specializzato in preparazione atletica. Per tre anni rimase nell'ambito del Centro Coni di Roma, dove insegnò Preatletismo generale, Fisiologia umana e Teoria dell'allenamento al fianco del Professor Giorgio Oberweger. Intanto venne anche assegnato al Centro Coni di Vicenza. Ma per “Tom” il richiamo della dimensione agonistica dello sport si faceva sempre più forte…

Nella dimensione agonistica Tommaso Assi entrò prepotentemente nei primi anni '70 quando ricevette l'incarico di responsabile della squadra nazionale di scherma che guidò ai Campionati Mondiali di Vienna. Nel 1972 giunsero due chiamate prestigiose. Seguì la preparazione della squadra di ciclismo della Salvarani, dove affiancò campioni del calibro di Felice Gimondi e Marino Basso, che in quel periodo vince il Campionato del Mondo. Nello stesso anno ci fu l'incontro che avrebbe dato una svolta alla vita professionale di Assi, quello con l'allenatore di basket Asa Nikolic.

Dopo aver guidato la nazionale jugoslava, Nikolic approdò alla Ignis Varese, e volle Tom al suo fianco. Assi rimase a Varese anche nella stagione successiva, quando fu tra gli artefici dello scudetto di Morse, Meneghin e compagni, allenati nel frattempo da Sandro Gamba.

Ma il connubio con Nikolic era destinato a ricomporsi:la stagione 1974-75 segnò l'incontro dei due “sotto le due torri” e diede il via agli “anni bolognesi”, forse i più ricchi di soddisfazioni per Tommaso Assi.

Approdato alla Alco-Fortitudo Bologna (A-1 di basket), il “trainer” tranese seguiva contemporaneamente la squadra azzurra di pattinaggio artistico ed il gruppo di marciatori dei Carabinieri di Bologna. Ma l'accordo che fece epoca fu quello con il Bologna di “Petisso” Pesaola e del presidente Luciano Conti.

Il calcio italiano usciva male dai Campionati del Mondo di Monaco di Baviera dell'estate del 1974, e si parlava con sempre maggiore insistenza della nuova figura del calciatore-atleta.

Il preparatore atletico, di cui nel calcio moderno non si può fare a meno a nessun livello, nel panorama calcistico della metà degli anni '70 ancora non esisteva. Così come sembravano pratiche diaboliche l'allenamento di rifinitura del sabato ed il riscaldamento pre-partita sul campo. Tom Assi fu il pioniere di tutto ciò, contribuendo a fornire al calcio moderno l'indispensabile spinta iniziale. Nei suoi primi mesi alla guida del Bologna attorno al suo lavoro si alternarono la curiosità e la diffidenza, che presto lasciarono il posto all'entusiasmo. Anche gli organi di stampa iniziarono ad apprezzare le novità introdotte da Tom, e ci fu un cambiamento anche nel tono dei titoli dei tantissimi articoli che seguivano le vicende calcistico-atletiche del Bologna: da “sergente di ferro” Tom diventa “il nuovo profeta”. Ed il 13 novembre 1974 la Gazzetta dello Sport titolò: “Bologna in testa anche per Tom Assi”.

L'eccezionale carriera di Tom era ormai entrata nel vivo: nel 1975-76 continuò a seguire le squadre bolognesi di calcio sempre con Pesaola e di basket (la Sinudyne), dove intanto era arrivato Dan Peterson. Responsabile della preparazione atletica della Federghiaccio, seguì gli atleti dell'hockey e del pattinaggio. “Giramondo” dello sport, collaborò con la Carrera Venezia, la Mangiaebevi Ferrara e l'Emerson Varese nella pallacanestro, il Lanerossi Vicenza nel calcio. Uomo dal carisma unico, nei suoi ultimi anni di vita si riavvicinò all'atletica, suo grande amore, e fu l'artefice del recupero fisico di Veneziano Ortis.

Prima di scoprire, al rientro in Italia, la gravità della malattia che lo avrebbe spento, Tommaso Assi aveva trascorso in Australia, a Melbourne, il suo ultimo mese di “battaglie” con i migliori marciatori e mezzofondisti azzurri. Per cinque mesi non si parlò più di lui sui giornali, per proteggere il suo disperato sforzo di salvarsi. Tom Assi ci ha lasciato il 12 giugno 1983.

DA GARULLI AL PROF GRANDI

Basket e calcio a braccetto
di Ezio Liporesi - Cronache Bolognesi - 16/07/2021

 

Cesare Garulli aveva gareggiato per la Virtus atletica (13,52 nel lancio del peso ai campionati italiani assoluti di Bologna nel 1936), per poi divenire allenatore in quella sezione. Fu poi preparatore atletico del Bologna calcio (il primo in Italia), poi della Virtus Pallacanestro negli anni '50, assumendo anche l'incarico di allenatore dei più giovani, in seguito di nuovo al Bologna; poi ci fu il Lanerossi Vicenza Calcio, ma dopo tornò alla Virtus a inizio anni '70 per sostituire, sempre come preparatore, Giorgio Moro, il quale aveva avuto un diverbio con l'allenatore Tracuzzi. Garulli, che portava i giocatori a correre nella tenuta del presidente della Virtus Tennis, Giorgio Neri, già commissario della sezione pallacanestro, aveva però metodi troppo rigidi e i giocatori lo "scaricarono" presto, approfittando anche dell'arrivo, a novembre della stagione 1971/72 di Nico Messina al posto di Tracuzzi. Garulli e Moro avevano un forte legame: Cesare era stato testimone di nozze di Giorgio, avendo fatto il militare con suo padre, deceduto quando il figlio aveva solo un anno e mezzo. Questo saltare dal calcio alla pallacanestro ci spiega bene come il 17 gennaio 1952, nella sua prima esperienza al Bologna calcio fece fare ai giocatori questo allenamento, descritto nello Stadio dell'Epoca.

Niente pallone era la consegna della settimana. Dopo la prima decisione di scegliere un campetto di provincia che rispondesse a particolari requisiti per l'allenamento del giovedì, in un secondo tempo Galluzzi aveva preferito ripiegare sul semplice lavoro atletico. Ma il pallone, si sa, a un certo punto fa lo stesso la sua comparsa, anche se il diabolico prof. Garulli lo trasforma con un semplice colpo della bacchetta magica (che gli serve anche per far compiere flessioni ai suoi ragazzi) in un pallone per la pallacanestro.

Nel nuovo gioco i calciatori forse per una certa indigestione di calci, riversano tutto il loro entusiasmo. Così sul campetto con i due cesti regolamentari che è al di là del terreno per il calcio, si assiste a una movimentatissima partita di quel "basket" che sta entrando abbastanza velocemente nelle preferenze degli sportivi. Il campo è piccolo e le squadre sono di sei giocatori; c'è un po' di confusione in campo, non ci sentiremmo di giurare che tutti rispettano la regola del palleggio e quella del "tre secondi" in un'area di cesto che, naturalmente, non è neppure disegnata. Ma c'è da riconoscere che l'esercizio serve indubbiamente la causa dell'agilità e dello scatto; e che riesce simpatico a vedere, anche umoristico, talvolta, con gruppi di tre o quattro che vanno a finire per terra non mollando il pallone, con Garcia, che trasporta nel nuovo gioco il suo ridondante campionario di finte, con Cappello che spara a canestro certi tiri che talvolta la palla sorpassa bene il tabellone e si sperde oltre il fondo, con Pilamrk e Jensen sempre compassati, con Boccardi che, per il solo fatto di usare abitualmente le mani, crede di vantare un diritto particolare e invece si fa talvolta dribblare da Giovannini e Ballacci, suoi abituali angeli custodi.

Ma ogni tanto si snoda anche qualche azione piacevole. E nasce ad un certo momento un'allegra sfida. Qualcuno dice che si potrebbe incontrare in una partita amichevole l'O.A.R.E. (forse la Virtus e il Gira incutono ancora una certa soggezione).

Naturalmente i "20 minuti 20" di pallacanestro sono stati preceduti e saranno seguiti dalla solita teoria di esercizi atletici, di flessioni, di salti, di scatti, di ginnastica per la respirazione. È sempre Garulli di scena, a dirigere il complesso.

Quello di Garulli non è un caso isolato: Tom Assi, già alla Fortitudo nel 1974-75 con coach Nikolic, l'anno dopo seguì sia la Sinudyne di Peterson che divenne campione d'Italia, sia il Bologna di Pesaola che fece un ottimo campionato, nonostante le cessioni di Savoldi e Pecci dell'estate prima, settimo alla pari con il Cesena sesto, ma i rossoblù erano stati anche terzi a inizio gennaio.

Poi venne il tempo del prof Grandi, che nel 1980/81, nel Bologna di Radice, contribuì a portare la squadra fuori dalle secche del meno cinque, concludendo al settimo posto, che sarebbe stato un quinto senza la penalizzazione. Il Prof. passò alla Virtus Pallacanestro nel 1983, in tempo per dare la sua mano alla conquista della stella: rimase fino al 1993, un altro scudetto, dopo che erano arrivate anche tre Coppe Italia e una Coppa delle Coppe, poi seguì Messina in Nazionale per tornare nel 1997, vincere scudetto ed Eurolega nel 1998, la Coppa Italia del 1999. Lasciò poi nel 2000, il Grande Slam (Coppa Italia, scudetto ed Eurolega) del 2001 si poteva vincere anche senza di lui, ma forse non voleva assistere al disfacimento della sua Virtus in quell'incredibile estate del 2003. Proprio allora finì nella Virtus 1934 e non nel progetto Sabatini. Ma presto se ne sarebbe andato da questa terra, quel 31 dicembre 2004. Rimasero epici i suoi calcetti a Barcellona, per stemperare la tensione nel giorno tra semifinale e finale, tant'è che poi i neo campioni d'Europa della Kinder, tirarono fuori il pallone per palleggiare con piedi e testa all'aeroporto sulla via del ritorno. Naturalmente non potevano che essere partite di calcetto quelle organizzate per anni a Casalecchio per ricordare il Prof, eventi a cui accorrevano tutti i suoi vecchi ragazzi, un legame che non si era mai spezzato.