FRANCESCO CANTAMESSI

Bob Morse e Cantamessi (foto Giganti del Basket)

 

nato a: Firenze

il: 16/08/1958

altezza: 192

ruolo: playmaker

numero di maglia: 6

Stagioni alla Virtus: 1974/75 - 1976/77 - 1979/80 - 1980/81 - 1981/82

statistiche individuali del sito di Legabasket

palmares individuale in Virtus: 1 scudetto

 

Cantamessi contrasta Antonella Riva (foto Giganti del Basket)

IL SIGNOR C.

di Zelio Zucchi - Giganti del Basket - 15 Novembre 1987

 

Non capita tutti i giorni che un giocatore di Serie A - Francesco Cantamessi, nel nostro caso - decida di smettere di giocare ad alto livello, dove pure lo volevano, per un impiego sicuro. Siamo andati a chiedergli perché.

Se in Basketown esiste una via Gluck, a essa ha fatto ritorno Cantamessi Francesco, uno di noi, fiorentino ventinovenne con clamoroso accento bolognese, otto anni di serie A e persino due coppe dei campioni giocate a livello almeno dignitoso (fra l'altro una grande partita a Madrid, dove ha condotto la Granarolo a battere il Real). La sua è una storia emblematica. Anche perché, a leggerla bene fra le righe, si scopre che a chiuderla non c'è stata la mancanza di vocazione, semmai senso di responsabilità.

Cantamessi ha appeso le scarpe al chiodo a 29 anni. Sgombriamo subito un certo tipo di sospetti: dietro non c'è alcuna malattia, non c'è nemmeno il problema che nessuna squadra lo volesse. Personalmente credo che a più di qualche formazione di serie A2, e anche parecchie squadre di A1, un playmaker di quell'esperienza e di quella caratura farebbe comodo.

Perché, dunque, Cantamessi non gioca più? Gli apro il microfono: "Ho trovato un buon posto di lavoro, che mi garantisce un futuro sereno e lungo. Per rispettare chi ha creduto in me anche come uomo, non solo come cestista, non mi posso allontanare da Bologna, perché ogni mattina voglio essere puntuale in ufficio, a giustificare il mio stipendio. Allora ho cercato a Bologna, sotto le Due Torri, una squadra che mi prendesse pure a certe condizioni. Cioè mi sarebbe andato bene di giocare con la Virtus e con la Fortitudo, anche a gratis o quasi. Ma a Bologna. Con il massimo garbo mi hanno fatto capire che non interessava né agli uni, né agli altri. Meglio un impiegato con un futuro che un giocatore con un passato".

Ma non c'erano altre squadre di serie A pronte a dargli un contratto? "C'erano" risponde Cantamessi "e per la verità più di quante avrei pensato. Ma il mio problema era quello di non spostarmi da Bologna, per via degli allenamenti, e di giocare in serie A, per via della dignità. Ringraziando Dio, non ho bisogno di mettere assieme pane e formaggio, con il mio stipendio e con il negozio del quale si occupa mia moglie ne abbiamo abbastanza per vivere come importa a noi, senza lussi ma senza problemi".

Diciamocelo chiaro: a basket si può giocare anche in serie B, e a Bologna o nelle immediate vicinanze squadre delle categoria inferiori non mancano. Dunque... "Dunque" dice Cantamessi "che cosa si può pensare di un uomo che ha giocato in serie A per otto anni e che adesso, allenandosi quando può e senza alcun impegno professionale, gioca in serie B dove c'è gente che invece fatica? Se io avessi trovato posto in serie A sarei stato obbligato con me stesso a un certo tipo di rispetto del basket professionistico e della mia posizione in esso. Sinceramente, per giocare in serie B non me la sentivo di centellinare le ore da passare in famiglia, con mia moglie e la prole. E allora, niente serie A, niente serie B, dunque niente basket".

Siamo arrivati alla carenza di vocazione. O meglio, siamo arrivati al sospetto di carenza di vocazione. Ma è un sospetto sbagliato. L'incontro con Cantamessi, infatti, è avvenuto ai bagni "Le Piramidi" del Lido di Spina, nel mese di agosto. Che da quelle parti passasse le vacanze Mario De Sisti, già lo sapevo da stagioni precedenti. Ma non sapevo di altri rappresentanti della fauna cestistica. Finché una mattina mio figlio è venuto a svegliarmi, dicendo: "Papà, guarda che "Le Piramidi" hanno fatto una squadra di basket per partecipare ai tornei dei bagni, stasera abbiamo una partita difficile contro una squadra che ha il pivot giovanile della Yoga e mi risulta che nella nostra spiaggia c'è anche un giocatore di serie A, si chiama Cantamescoli, non è che tu lo conosci e gli chiedi se gioca questa partita con noi? Sta al settimo ombrellone della prima fila".

Settimo ombrellone della prima fila, bagni "Le Piramidi", il misterioso Cantamescoli era in effetti Francesco Cantamessi. Come va? e altri convenevoli. Non gioco più perché... Peccato, ero venuto per chiederti, a nome di mio figlio, se in via eccezionale avresti fatto una partita stasera. Alt, allora è un altro discorso, a giocare mi diverto, qui ho anche le scarpe, visto che non si sa mai. Qui ho anche le scarpe significava che Cantamessi aveva al seguito il pallone, tre paia di scarpette, due paia di calzoncini, quattro magliette da gioco, una tuta. La partita da giocare stasera in via eccezionale è risultata poi l'intero torneo, vinto con un canestro da tre punti di Cantamessi, che i ragazzi delle "Piramidi" avevano soprannominato "Francesco, tira la bomba". A ragione, come si è visto.

Dunque nel caso di Cantamessi non c'è crisi vocazione, ma soltanto senso di responsabilità. E devo dire che - Cantamessi non me ne vorrà, penso anzi che con me sia completamente d'accordo - il basket italiano può proseguire i propri campionati nella massima tranquillità, direi quasi nell'indifferenza, anche se Cantamessi Francesco, ventinove anni toscano con cadenza clamorosamente bolognese, otto campionati fra i grandi e due partecipazioni effettive alla coppa dei campioni, preferisce essere "un impiegato con futuro piuttosto che un giocatore passato".

Ma vorrei dire che noi del basket di personaggi così dobbiamo andare orgogliosi. A portarci via un giocatore di serie A che forse non guadagnava gli stipendi di un McAdoo o di un Wright, di un Villalta o di un Magnifico, ma pur sempre guadagnava da professionista - è stato un datore di lavoro del quale, con Cantamessi, mi sono impegnato a non fare il nome per evitare che le sue confidenze potessero essere prese per una ricerca di pubblicità gratuita.

Auguro soltanto, a Cantamessi, che al suo rientro nella via Gluck non abbia trovato troppi grattacieli, là dove lui aveva lasciato i libri di scuola e la voglia di vivere. Di giocare dunque ancora sull'erba, su quei campi dai quali il lavoro non lo ha strappato e sui quali è pronto a tornare. Magari per un altro torneo balneare, per il quale c'era in palio, come premio di partita (anzi, di torneo) un gelato gigante. Che persino Balboni, massaggiatore tuttofare della Virtus quando Cantamessi giocava (e anche di oggi) gli avrebbe negato "perché fa male a chi deve fare la pallacanestro".