TERRELL McINTYRE

(Lance Terrell McIntyre)

 

nato a: Fayetteville (USA)

il: 18/10/1977

altezza: 176

ruolo: playmaker

numero di maglia: 5

Stagioni alla Virtus: 2011/12

statistiche individuali del sito di Legabasket

biografia su wikipedia

 

MCINTYRE, UN BELLISSIMO RISCHIO

di Daniele Labanti - https://boblog.corrieredibologna.corriere.it - 20/06/2011

 

Salvo colpi di scena alle visite mediche, la Virtus firmerà Terrell McIntyre con un contratto “uno più uno” da 500 mila dollari l’anno. McIntyre ha trovato l’accordo per la buonuscita con Malaga, con cui aveva un contratto anche per l’anno prossimo da 1,2 milioni di dollari. Per il disturbo percepirà 700 mila dollari e potrà poi mettere nero su bianco con la Virtus. Mossa “tosta”, per i bianconeri: arriva l’ex leader di Siena – quattro scudetti vinti al Mps – e un giocatore “da Eurolega”. Ma arriva anche un giocatore costoso sul quale pendono grandi dubbi di tenuta fisica. A Bologna se ne discute, vediamo i pro e i contro.

A FAVORE
1) Era in cima alla lista di Alex Finelli. Lo ha proposto, lo ha voluto, lo ha ottenuto. Per primo l’ha avuto in Italia, a Ferrara. Cercava un leader, un uomo di spessore. Ha “scommesso” sul sicuro, dal punto di vista tecnico, accettando il rischio delle condizioni fisiche precarie.
2) Ha la mentalità vincente, la forza di chi ha vinto e sa come fare. Ha un’etica del lavoro e della preparazione come ama Finelli e ha il carisma e i galloni per imporlo ai compagni. Sarà un grande e positivo esempio, un simbolo di come tutti dovranno lavorare e allenarsi.
3) Le sue qualità tecniche sono indiscutibili. Sa giocare il pick’n'roll come pochi, fa canestro da tre, può attaccare il ferro. E ha l’esperienza per gestire le partite e le stagioni.
4) È un go-to-guy, un Mvp. Non ci saranno dubbi su chi dovrà gestire il pallone nei secondi finali delle partite punto a punto. Poi c’è Poeta, un giocatore vero e non un semplice cambio, che potrà giocare tanti minuti per tenere T-Mac fresco per i finali.
5) È un “grande nome”. E può servire alla Virtus per attirarne altri.

CONTRO
1) Fisicamente è in grado di reggere una stagione? A Malaga è stato fermato da una fascite plantare che ha provocato dolori anche alle ginocchia. Il suo rendimento insufficiente è dovuto anche a questo.
2) È un giocatore “consumato”. Siena ha succhiato tutto il suo valore e a Malaga è arrivato un giocatore spompato e lontanissimo dalla brillantezza a noi nota. Ma l’Unicaja faceva l’Eurolega, e proponeva un impegno dispendiosissimo. La Virtus no. E’ un rischio, indubbiamente: se non sta bene, o non è “più lui”, per la V è la fine. E al di là delle visite mediche, se fosse “bollito” lo si scoprirebbe a febbraio.
3) C’è Poeta, dicevamo. Ovvero un giocatore in parabola ascendente e dunque pronto a coprire eventuali momenti di difficoltà fisica di T-Mac. Ma anche un giocatore di taglia simile, con il quale non potrà giocare assieme se non in rari sprazzi.
4) La difesa. Non è mai stato il suo forte, ora lo è ancora meno. E Poeta, di cui sopra, è allo stesso livello. Due così costringono Finelli a spremersi, a farsi venire delle idee per coprire “il buco”. E dovrà arrivare un altro esterno di fisico, per supportare.
5) Entra McIntyre, esce Koponen. Perché Koponen non ha mai accettato e non intende giocare guardia, anche in vista della Nba. Perché Koponen già voleva uscire e trovare una squadra di Eurolega, oggi con due play in squadra avrà ancora meno voglia di restare. E perché la Virtus può e deve monetizzare.

 

T-MAC IS BACK!

di Stefano Benzoni - SuperBasket - 07/09/2011

 

Quando la Virtus ha annunciato di aver riportato in Italia un giocatore del valore e del calibro di Terrell McIntyre - quattro scudetti in quattro anni con Siena, votato per due volte miglior playmaker dell'Eurolega, solo per citare parte del suo palmares - il mondo del basket ha avuto due reazioni diverse. Gli appassionati veri e disinteressati hanno applaudito al ritorno nel nostro campionato di uno dei migliori play, se non il migliore degli ultimi anni: gli invidiosi e le malelingue, invece, hanno considerato l'arrivo di T-Mac a Bologna come l'ultimo tentativo (riuscito) da parte di un elemento, considerato ormai finito e "rotto", di firmare un buon contratto. Soprattutto dopo quanto accaduto l'anno scorso a Malaga, dove il playmaker mancino ha avuto senza dubbio una stagione difficile, soprattutto a livello fisico. Lo abbiamo incontrato alla fine di un allenamento della nuova Virtus, seduta che ha concluso con il classico giro dalle cinque posizioni del campo di tiri da da due e da tre, oltre alla consueta razione di tiri liberi segnati, ma solo con il ciuff! E Terrell ci ha raccontato la sua Italia, la sua carriera e ci ha spiegato i motivi del suo ritorno, senza nascondersi: da uomo vero.

T-Mac, bentornato in Italia! Perché questa decisione?

Quello passato a Malaga è stato un anno lungo e difficile, durante il quale ho avuto diversi problemi fisici che mi hanno impedito di giocare e di dare il meglio. Oggi il mio fisico non è più quello di quattro-cinque anni fa, gli infortuni, ad un certo punto, fanno parte della carriera di un giocatore, questo è normale ed ognuno di noi sa di dover convivere con questo aspetto. Ma una volta chiuso il mio rapporto con Malaga l'Italia è stata la mia prima scelta, perché è un paese che amo e dove voglio dimostrare di essere ancora un giocatore valido. Non quello di cinque anni fa, questo è ovvio e normale, ma ancora in grado di recitare un ruolo molto importante.

Sa che i tifosi della Virtus si aspettano molto da lei?

Certo, lo so ed il mio obiettivo è quello di non deluderli. E sono certo di farcela se non avrò i problemi fisici che mi hanno tormentato l'anno scorso ed in parte anche nel mio ultimo anno a Siena. Non problemi gravi, ma fastidiosi ed anche un po' lunghi. So bene che a 34 anni (McIntyre li compirà il 18 ottobre - ndr) qualunque giocatore deve fare i conti con il suo fisico e non può certo sfuggire di fronte al tempo che passa, ma sono certo di essere ancora un giocatore importante per la Virtus grazie alla mia leadership, al mio carattere ed al fatto che il basket un po' lo conosco...

Ma perché nell'estate 2010 decise di lasciare Siena?

Perché i rapporti non durano per sempre e perché era venuto il momento che Siena e McIntyre prendessero due strade diverse. Quello trascorso alla Montepaschi è stato un periodo straordinario della mia carriera e della mia vita ma purtroppo si è concluso ed era tempo che guardassi avanti.

Infortuni a parte, cosa non è andato a Malaga?

È andato che ho giocato molto male o bene, senza mezze misure, anche se le gare negative sono state molto superiori a quelle positive. Ho collezionato una serie di brutte gare come mai in carriera, alla mia età so bene come giudicare il livello delle mie prestazioni, ma anche perché non mi tiro mai indietro e spesso ho giocato infortunato, com del resto ho fatto spesso in carriera.

Una carriera iniziata ad alto livello con i Tigers di Clemson University...

Sono stati anni belli, importanti ma anche molto duri, soprattutto il primo. Arrivare dalla high school e trovarsi nell'atmosfera, nelle regole e nella professionalità di una squadra di college non è stato agevole, ma è stata anche un'esperienza che ti spinge a tirare fuori il meglio di te. Nel primo anno la squadra era formata da sette matricole ed è stato bello perché siamo cresciuti tutti insieme. Nel secondo pensate che ad un certo punto eravamo anche la seconda squadra degli States e ricordo alcune partite punto a punto contro squadroni come Wake Forest, Syracuse e Kentucky. Nei primi tre anni abbiamo sempre giocato il torneo NCAA. La stagione migliore è stata la seconda quando battemmo Miami-Ohio al primo turno, Tulsa al secondo e nella semifinale dei Regionals perdemmo contro Minnesota ma solo dopo due supplementari.

Poi, senza essere stato scelto nel Draft, una stagione in Francia, una in Germania e due in D-League: un cammino non facile...

Tre esperienze diverse, che però mi hanno aiutato ed insegnato molto. In Francia a Gravelines non sapevo cosa aspettarmi. Era la prima volta che uscivo dagli USA e per me era tutto nuovo e diverso rispetto a casa. Così fui costretto a concentrarmi solo sul basket e questo fu importante. Fu comunque una buona esperienza come quella in Germania a Braunschweig dove però la squadra era migliore ed avevamo anche aspettative migliori, anche se poi il club è fallito. Quella in D-League è stata una tappa chiave per la mia crescita perché in un ambiente difficile e così diciamo non molto organizzato emerge che tipo di persona sei, che tipo di giocatore sei, cosa sai fare e come reagisci di fronte alle non poche difficoltà.

Poi è iniziata l'avventura italiana.

Ero a Boston e stavo giocando la summer league con Milwaukee quando il mio agente mi disse che c'era il coach di una squadra italiana che era interessato a me. E quell'allenatore era proprio Alessandro Finelli che allora allenava Ferrara e che oggi ritrovo qui alla Virtus. Dell'Italia non sapevo nulla, di Ferrara nemmeno, però sapevo che era una squadra in Legadue anche se ci sarebbe stata la possibilità di essere promossi e andare in Serie A, fatto incomprensibile in Francia o in Germania dove se sei un giocatore di seconda Lega resti perlopiù sempre tale. Quella alla Carife fu una buona stagione, anche perché arrivò dopo un'annata un po' negativa. Ad un certo punto infilammo una serie di sei vittorie. Chiudemmo terzi in regular season, ma nei playoffs perdemmo 3-0 in semifinale contro la Virtus.

Da Ferrara, un bel salto al sud per arrivare a Capo d'Orlando...

Ecco, quello è il posto giusto per concentrarsi solo ed esclusivamente sul basket. Città molto piccola, gente simpatica ma ben poco da fare extra basket. Però il club era di buon livello, la squadra era forte, con ottimi giocatori ed un leader assoluto come Rolando Howell. Per me è stato una specie di guida e di maestro in campo, un elemento chiave perché, giorno dopo giorno, ha trasferito agli altri la sua mentalità. Fu una bella stagione, vincemmo la Coppa e venimmo promossi in serie A.

Nonostante questo però lei decise di lasciare la Sicilia e di approdare a Reggio Emilia. Perché?

Semplicemente perché in un cammino di crescita Reggio Emilia, che comunque era in Seire A, prendeva parte alla uUeb Cup, e questo mi dava la possibilità di mettermi in mostra anche a livello europeo, senza considerare che anche l'offerta economica era superiore.

Si ricorda cosa accadde il 22 aprile 2006? (Mc Intyre, che quel giorno guidò Reggio Emilia alla vittoria segnando 41 punti e 6 assist in 37' e 10/10 da tre, nuovo record della Serie A, sorride).

Ricordo tutto di quella gara, a Casalecchio e proprio contro la Virtus. La cosa strana fu che partimmo molto presto ed arrivammo al palazzo con grande anticipo. Entrai in campo, mi rilassai, mi gustai l'atmosfera dell'impianto e cominciai a tirare da solo. Mi sentivo bene e tranquillo ed in campo poi si è visto. È stata una di quelle giornate che capitano forse due-tre volte in carriera e nelle quali non sbagli mai, soprattutto i tiri difficili, e stranamente a volte quelli facili. Vincemmo e di me nei giorni seguenti si parlò a lungo.

Ed eccoci al suo arrivo a Siena, quattro stagioni indimenticabili, no?

Quando la Montepaschi mi contattò accettai subito. Siena era una delle squadre migliori, avrebbe disputato l'Eurolega ed aveva ottimi giocatori come Stonerook, Sato, Eze, Forte, Kaukenas e Baxter. Crescemmo come gruppo giorno dopo giorno sviluppando una meravigliosa chimica di squadra e soprattutto essendo sempre tutti sempre altruisti. Di questo va dato merito a coach Pianigiani che è stato bravissimo ad insistere in continuazione sul concetto di squadra, squadra, squadra! Negli anni a Siena, fin dal primo, ho imparato una lezione molto imporante...

Che sarebbe?

Ho smesso di pensare a me, alle mie cifre, alle mie percentuali ed alle mie statistiche ed ho cominciato a capire che la cosa che contava era solamente vincere, indipendentemente da quanti punti potessi segnare. Una grande lezione.

Ma qual era il vostro segreto?

Semplicemente, l'intensità, la durezza e la grinta che abbiamo sempre messo in allenamento e nelle partitelle che sembravano partite vere e giocate senza che nessuno si risparmiasse. Ad esempio in difesa contro Forte o Ilievski o altri, spesso faticavo di più rispetto a quanto facessi la domenica contro avversari delle altre squadre. Sono stati quattro anni nei quali sono cresciuto e migliorato molto in tutti gli aspetti del gioco, anche perché nella mia carriera non avevo mai fatto parte di una squadra così portata a pensare insieme. Ress e Carraretto sono stati i due esempi di questo: che stessero in campo 5 o 25 minuti davano sempre il massimo.

Non c'è stato mai un brutto momento in quattro stagioni alla Montepaschi?

L'ultimo anno è stato il momento non peggiore, ma il più difficile, per gli infortuni ed i problemi fisici. Sono andato avanti a lungo senza allenarmi ma solo andando in campo a giocare e questo perché sono uno che ha sempre dato tutto, spesso anche senza pensare alle conseguenze. Poi tutti sapevano che ero arrivato all'ultimo anno di contratto e che a fine stagione sarei andato via e questo ha reso tutto più amaro. Non è stato un anno negativo, diciamo solo il più difficile dei quattro.

Ha segnato sul calendario la data del suo ritorno da avversario a Siena?

Andremo a Siena alla quinta giornata e per me sarà una giornata molto intensa da un punto di vista emotivo, anche se confesso che vorrei prima andare a salutare gli amici ed i compagni della mia avventura. Sono stati grandi anni, ho avuto un rapporto bellissimo con tutti. Siena per me rappresenterà sempre un posto speciale.

Ed ora eccola qua alla Virtus Bologna.

Club organizzato, importante, ambizioso e di grande tradizione. Credo che la Virtus sarà la mia ultima squadra italiana e visto che il mio primo allenatore è stato Finelli, ho scelto lui per chiudere qui la mia avventura in Italia. La squadra è giovane, mentre io sono un vecchietto. Pensate che, a parte il sottoscritto, quelli più vecchi hanno almeno sei anni in meno di me... Se starò bene, giocando una volta alla settimana senza l'impegno delle Coppe, potrò dare una grande mano alla squadra ed aiutare con il mio esempio e la mia esperienza giovani come Poeta e Koponen, così come McDonald e Stefanov hanno fatto con me a Siena. Diciamo che sarò il Jerome Allen della situazione, una specie di giocatore coach, sempre che coach Finelli me lo consenta.

Si diverte ancora ad allenarsi ed a giocare?

Non avere più il fisico di cinque anni fa talvolta è frustrante, ma la voglia di giocare è ancora tanta. E dico che l'obiettivo mio e della squadra in questa stagione sarà quello di migliorarci sempre allenamento dopo allenamento. Sono sicuro che se ci riusciremo, alla fine ci saremo divertiti ed avremo anche disputato un buon campionato.

TOP 5

1 - Terrell, perché ha deciso di chiamare sua figlia Siena?

Innanzitutto voglio precisare che non sono stato io, come tutti invece credono, a scegliere quel nome, ma mia moglie Christina. Comunque è piaciuto anche a me perché è un gran bel nome, un nome diverso in generale ed un nome il cui spelling è uguale a quello di una città magnifica come Siena.

2 - Perché non è mai riuscito a trovare posto nella NBA?

Confesso che una volta uscito da Clemson era il mio primo obiettivo. Poi le cose sono andate in maniera molto diversa ed ora, anche se non si è ancora conclusa, sono molto soddisfatto della mia carriera, dei paesi che ho visitato, delle diverse esperienze di vita che ho vissuto. Mia madre, fino a pochi anni fa, continuava a chiedermi perché non volessi provare a giocare nella NBA, anche mio fratello Teon e mia sorella Tia me lo hanno chiesto più volte. Ormai però è un problema della mia famiglia. Io sono contento così.

3 - Quali sono stati gli avversari più duri che hai affrontato in carriera?

A livello di college Stephon Marbury e Baron Davis, mentre in Europa Papaloukas e Diamantidis erano sempre un problema quando li dovevi marcare. Soprattutto quando andavano in post basso ed io mi dovevo arrangiare come potevo.

4 - Simone Pianigiani è stato il migliore allenatore che abbia mai avuto?

Decisamente sì. Capisce il gioco ed i giocatori come pochi e soprattutto con il concetto di squadra e con il lavoro è sempre riuscito a tirare fuori da ciascuno dei suoi uomini il massimo delle potenzialità. A Siena non eravamo sempre la squadra di maggior talento, c'erano squadre con più talento di noi a livello di singoli. Ma noi eravamo quelli che riuscivano sempre a dare il massimo. Ogni giocatore riusciva a raggiungere il top delle sue potenzialità e questo per grande merito di Simone.

5 - Quali sono i suoi passatempi?

Mi piace molto giocare a carte, giocare a biliardo e uscire a fare shopping e devo dire che fortunatamente in Italia per quest'ultima attività non ho che l'imbarazzo della scelta.

 

T-MAC

di Bruno Trebbi - VMagazine - Settembre 2011

 

Negli anni d'oro la Virtus comprava spesso i giocatori che la castigavano, e la scelta quasi sempre era vincente. Antoine Rigaudeau e Sasha Danilovic furono notati e opzionati così, dopo partite strepitose fatte contro le Vu Nere con le maglie rispettivamente di Pau-Orthez e Partizan. Se negli ultimi anni dobbiamo pensare a un giocatore che sia stato la vera e propria nemesi dei bianconeri, il nome è uno solo, ed è quello di Terrell McIntyre. L'unica volta in cui la Virtus è riuscita a limitarlo, a vincere la serie con Ferrara, è stato nel 2003-04 con Rick Brunson e Charlie Smith a mettergli la museruola.

Da lì in poi una strage: a capo D'Orlando tre vittorie su tre - compresa la Coppa di LegAdue - e la promozione diretta, a Reggio Emilia due vittorie e il 10/10 da tre; a Siena nemmeno parlarne. Mai una gioia per la Virtus, e prestazioni strepitose per l'ex Clemson: tantissimi canestri importanti, la leadership nei momenti cruciali, l'intelligenza di un giocatore che pare nato per vincere, e non a caso a Siena ha vinto tantissimo, leader della dinastia più forte dell'ultimo decennio. In più, il detto spesso abusato "primo ad arrivare in palestra, ultimo ad andare via" per lui è verissimo, e fa capire la mentalità di questo giocatore.

Vedere McIntyre firmato da una Virtus che non fa le coppe è stata una sorpresa per tutti i tifosi delle Vu Nere. Il fascino è notevole: c'è un solo punto interrogativo, anche se non piccolo. La scorsa stagione a Malaga McIntyre ha avuto notevoli problemi muscolari, che l'hanno limitato parecchio. Inoltre l'età non è più verdissima, visto che stiamo parlando di un classe 1977. Anche per questi motivi Malaga ha preferito uscire dal pesante contratto in essere versandogli una congrua buonuscita, e consentendo alla Virtus di inchiostrarlo a cifre decisamente ragionevoli.

Sarà ancora il McIntyre di una volta? I tifosi di certo lo sperano, e lo spera anche coach Alessandro Finelli, che l'ha avuto a Ferrara e l'ha fortemente voluto. Durante la presentazione il play ha parlato di essere venuto a Bologna anche per un debito di gratitudine nei confronti diFinelli. Ma questo non può bastare. Con una sola partita a settimana, l'esperienza e la leadership di Terrell McIntyre dovranno farsi sentire, e contribuire a rendere la Virtus una squadra migliore dello scorso anno, visto che l'obiettivo dichiarato dalla società è quello, dopo tre anni consecutivi di uscite ai quarti di finale.

 

FOCUS: TERRELL MCINTYRE

di nikifiumi - https://virtusxo.wordpress.com - 28/10/2011

 

Tre partite, due sconfitte e, come normale che sia, cominciano le lenti di ingrandimento su quello che non sta funzionando nella Virtus.Terrell McIntyre era forse il giocatore con gli occhi maggiormente puntati addosso tra i nuovi arrivati in bianconero. Un pò per il passato senese ricco di successi, un pò per il suo ruolino immacolato contro di noi (incluso quel 10/10 da tre punti in maglia Reggio Emilia) ma un pò, anche, per il suo ultimo, inglorioso, anno all’Unicaja Malaga, rallentato da un infortunio abbastanza serio.6,9 punti, 3,4 assists, 1,2 palle perse con il 38% dal campo in 20 minuti scarsi in in ACB, 5,7 punti, 2 palle perse e il 25% dal campo in 20 partite di Eurolega sono numeri che dimostrano tutte le difficoltà di un giocatore che cominciava, tra l’altro, a fare i conti con le 33 primavere sulle spalle.

Oggi, come detto, T-Mac sta faticando, compilando numeri migliori di quelli spagnoli ma che, comunque, inducono i più ad essere insoddisfatti del suo rendimento in questo primissimo scorcio di stagione. Riavvolgiamo, allora, un attimo il nastro e vediamo l’ultimo McIntyre senese. Le immagini sono del famoso Real Madrid – Siena delle Top 16 di Eurolega stagione 2009/2010, con la tripla finale di Llull che eliminò la suqadra di Pianigiani dalla competizione. I primi quattro spezzoni ci mostrano la principale caratteristica di T-Mac, ossia la sua capacità di muoversi sui pick’n'roll per torvare lo spazio e sparare da tre (per un caso, in questo video non segna mai). Prima un blocco di Marconato, poi quelli di Eze lo portano in situazioni in cui ha tempo per caricare il tiro. O perchè il suo difensore rimane attardato nel passare sul blocco stesso, o perchè sul cambio si ritrova marcato da un lungo. In ogni caso, la scelta, quando decide di cercare il canestro da solo, è comunque il tiro da fuori. In effetti, McIntyre non è mai stato un giocatore dotato di atletismo tale da portarlo ad attaccare il pitturato e arrivare al ferro, cosa che fa il suo successore McCalebb, giocatore agli antipodi.

Anche con la maglia bianconera lo spirito non è cambiato. Sia che il difensore si attardi su un blocco (prima e seconda situazione), sia che la difesa cambi e gli proponga la difesa di un lungo, la soluzione personale sta nel tiro da tre punti quasi sempre. Tiro che, al momento, sta entrando con percentuali buone (40% dopo queste prime tre partite). Il giocare in un contesto competitivo e con tanti giocatori di valore come quello senese ha fatto sì che Terrell crescesse anche come istinti di playmaker, non dovendo essere più necessariamente la prima opzione offesniva. Nel video si nota come, pur prendendo vantaggio sui pick’n'roll, l’ex Reggio Emilia abbia sempre l’occhio allerta agli scarichi al compagno libero sull’arco (primi tre casi, con i palloni per Stonerook, Lavrinovic e Sato), oppure per un movimento di palla che possa andare ad agevolare una situazione più favorevole. E’ il caso dell’ultimo spezzone, dove McIntyre non gioca il pick’n'roll proposto da Eze per andare da Stonerook che può così servire Sato che sotto canestro ha un missmatch favorevole. Situazioni che si ripropongono anche in Virtus. In tutti e tre i casi, preso vantaggio sull’uomo, il nostro play ha la capacità di servire l’uomo libero. Nel primo spezzone, battuto il suo difensore, ha un attimo di esitazione che gli consente di vedere Datome muoversi verso il centroarea per aiutare su Homan, così che rimane libero Gailius in angolo, prontamente trovato. Nei due casi della partita con Avellino, prima ribalta bene il lato per Sanikidze, e poi, battuto l’uomo dal palleggio e innescate le rotazioni difensive, va nuovamente da Sanikidze che comodamente trova Douglas Roberts per la tripla.

Si può pertanto dire che i tratti caratterizzanti del gioco di McIntyre non siano variati. Quello che, inevitabilmente, è cambiato è la freschezza delle gambe, che a 34 anni non può essere quella dei giorni belli, considerando, fra l’altro, che i minuti di media, ad oggi, sono 30. Se già prima non era un penetratore, oggi lo sarà ancora meno (e le percentuali di tiro da due sono tragiche). Se il tiro da tre partiva rapido e puntuale, oggi una minore esplosività potrebbe fare risentire l’efficienza del fondamentale. La mia idea è che McIntyre sia un ancora un ottimo giocatore che, però, ha bisogno attorno di un sistema offensivo che ruoti in maniera quanto meno sufficiente. Ai tempi di Siena si muoveva in un contesto dove tutti sapevano sempre cosa fare e dove il talento medio era piuttosto alto. Io, sinceramente, non credo che sia il giocatore che ti vince le partite da solo. Certo, gli può capitare la partita dove segna sempre da tre, ma non è la costante del suo gioco. Per, intenderci, non è il McCalebb che ti spezza il raddoppio e dal nulla trova il canestro a centro area zompando in mezzo a due lunghi. McIntyre è un giocatore che dà ordine alla squadra e leadership, ma ha bisogno attorno di compagni che si muovano bene, per metterlo, poi, in condizione di essere pericoloso nel cercare di segnare. Era così nei suoi anni di Siena, non può essere diverso oggi che l’età avanza. Qui, credo, stia la chiave del futuro di McIntyre con la maglia bianconera.

...

In definitva, è chiaro che non stiamo parlando dello stesso giocatore di 2/3 anni fa. Il fisico comincia a fare le bizze e per quello non ci si può fare molto. Ma non bisogna fare l’errore di chiedere a McIntyre quello che non può dare. Rimane, a mio avviso, un ottimo playmaker che è ancora capace di guidare egregiamente una squadra. Che però deve essere pronta a fare le scelte giuste e non attendersi di essere salvata da un giocatore che da solo, oggi, non può riuscirci.

 

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AMARO McINTYRE: "STO MALE" E ORA IL SUO FUTURO È IN DUBBIO

di Francesco Forni - La Repubblica - 10/11/2011

 

Terrell McIntyre prova a tenere duro. Il 34enne playmaker della Virtus, star del mercato estivo, ha confermato le parole di Claudio Sabatini. Il suo futuro in bianconero rimane in forte dubbio. “Il male c’è, mi impedisce di giocare al livello che vorrei – ha detto TMac durante l’incontro con i bambini con IGD al Centro Lame - Sono monitorato di giorno in giorno e non posso dare una percentuale sulle mie reali possibilità di andare avanti. Quello che è certo è che mi sottoporrò ancora altri esami per vedere quello che si può fare, per eventualmente alleggerire le mie difficoltà”.

I dolori di Terrell all’anca, a causa di una patologia degenerativa, che si può alleviare ma non risolvere, sembrano davvero essere un guaio troppo pesante, anche se un lume di speranza non abbandona l’eroe del Montepaschi degli anni d’oro. “Io voglio giocare, almeno che fino a quando la sofferenza mi impedirà di essere utile alla squadra. So che adesso non sono io vero McIntyre, non sono in grado di garantire quanti minuti potrò stare in campo e con quale rendimento. È sotto gli occhi di tutti che il mio impatto non è buono. Lontanissimo da quello che vorrei dare e la cosa mi turba molto. Non è il mio stile”.

In forte dubbio, per il futuro prossimo quindi. “Mancano due partite alla sosta, proverò a giocarle entrambe per dare una mano ai ragazzi. Mettere la canotta e provarci per me è un obbligo. Poi ci fermeremo e si vedrà. Ogni soluzione, anche quella meno felice (il taglio, ndr) è possibile. Adesso non posso certo fare pronostici. Ma valuto ogni opzione, la vita è una sola”.
 

USCITA DA CAMPIONE

di Massimo Selleri - Il Resto del Carlino - 14/11/2011

 

Contento per la sua squadra. Con il sorriso sulle labbra Terrell Mclntyre si congeda dall'Unipol Arena. Un amore breve ma intenso, durato solo qualche mese ma che comunque ha lasciato il segno a giudicare dagli applausi finali degli 8014 spettatori. «In questo momento mi sento bene - racconta T-Mac - e sono davvero felice di essere riuscito ad aiutare la squadra in un momento così difficile». Lo stesso play statunitense lascia però intuire come questa sia stata l'ultima partita a Bologna. «È possibile, la mia situazione la conoscete bene tutti e la valuteremo dopo la prossima gara. Intanto cerchiamo di essere utili anche domenica poi vedremo».

Una generosità importante che potrebbe essere, però, non necessaria. La Virtus ha già ingaggiato Vitali, e il play bolognese da domani si alienerà con la squadra e attende di ricevere il contratto firmato da Kris Lang. Una volta che la scrittura arriverà all'Arcoveggio, in 48 ore il centro statunitense potrebbe arrivare il tesseramento del giocatore, avendo giocato a Brindisi nella passata stagione. A quel punto per una questione di passaporti, T-Mac non potrebbe essere messo a referto e dovrebbe starsene in tribuna. Continuare a giocare sarebbe difficile con quel problema cronico all'anca che lo mette costantemente in difficoltà e non è escluso che siamo al termine delia carriera, come lui stesso aveva dichiarato qualche settimana fa. Anche dalle parole di Alex Finelli si capisce come il tempo degli arrivederci sia imminente. «Terrell non parte domani e comunque in questi 3 mesi ci ha insegnato tanto, con l'esempio, le scelte, l'atteggiamento. E quello che abbiamo visto ce io teniamo nella testa e nei cuore».

Una testimonianza di serietà soprattutto per i più giovani e per chi ancora deve prendere confidenza con una realtà così complessa come quella della Virtus. «Verrà a mancare concretamente in campo, ma non la figura del giocatore che guida con l'esempio. Basterà uno sguardo, una parola per far capire il comportamento giusto da tenere proprio perché abbiamo vissuto con lui alcuni secondi speciali nei finali di partita. E questo significa molto per tutti noi». Elogi anche da Chariie Recaicati. Il coach varesino si augura, infatti, che i suoi giocatori imparino come ci si sacrifica: «Mclntyre è un esempio positivo, lui ha la pancia piena eppure dà il massimo, non come abbiamo fatto noi. Ha messo a repentaglio la sua salute, pur di essere utile alla sua squadra in un momento difficile. Spero che questa sconfìtta sia motivo per noi di migliorarci».

 

IL CANTO DEL CIGNO DI MCINTYRE, UNO DEI PIÚ GRANDI DI TUTTI

di Claudio Limardi - SuperBasket - 15/11/2011

 

Giocatori come Terrell McIntyre meriterebbero di uscire di scena da trionfatori, alle loro condizioni. Invece esiste la concreta possibilità che sia l'artrite all'anca sinistra a porre la parola fine alla carriera del playmaker che ha vinto quattro scudetti e di fatto è stato per cinque stagioni il miglior regista della Serie A, tre volte Mvp della finale scudetto. È difficile paragonare giocatori di ere diverse. Sono esercizi sterili, anche se alimentano interesse e discussioni. McIntyre è stato per rendimento il miglior playmaker della storia del basket italiano? La risposta non è importante, perché quello che conta è la legittimità della domanda. Mike D'Antoni ha vinto uno scudetto in più e ha avuto una carriera di alto livello più longeva. Larry Wright probabilmente è stato il miglior playmaker della nostra storia per rendimento fornito in una singola stagione quando asfaltò anche D'Antoni. Darwin Cook è un altro che ha lasciato il segno, ovvero due scudetti con Pesaro. Vinny Del Negro era più un tiratore che un regista ma qualcuno ha mai giocato meglio di quanto fece a Pesaro in gara3 della finale scudetto del 1993 ovvero il primo scudetto di Treviso? Nessuno però ha vinto quattro scudetti di fila come Mcintyre. E nella serie persa in Eurolega con il Panathinaikos nel 2009 abbiamo avuto la sensazoine che fosse in grado di giocare oltre la soglia delle possibilità umane considerati i 175 centimentri. La storia di Mcintyre è meravigliosa: piccolo ma di grande struttura fisica, leader silenzioso, carismatico, grande professionista, inappuntabile fino a questi giorni bolognesi, infelici e sfortunati.

È cresciuto dal basso: ignorato dalla NBA, passato dalla D-League prima maniera, passato dalla Francia e soprattutto ricostruitosi passo dopo passo in Italia: Ferrara, poi Capo d'Orlando e Reggio Emilia prima di Siena. Se a Reggio stabilì il record di tiri da tre senza errori in una partita, 10, a Capo d'Orlando guidò la più forte squadra che abbia mai giocato in Legadue. Anche se un sondaggio ufficiale ha premiato una splendida versione di Jesi (Mason Rocca, James Singleton e Brett Blizzard al top), la verità è che l'Upea nel 2004/05 perse in tutto... tre partite. Di quella squadra il leader era McIntyre. Quindi T-Mac è stato il miglior playmaker in Legadue, in Serie A e in Eurolega (per due anni di fila in forma ufficiale) e ha vinto cinque campionati. Se esistesse una Hall of Fame della lega italiana verrebbe inserito istantaneamente. Domenica scorsa ha potuto giocare solo 18 minuti ma ha segnato 16 punti, vibrato le zampate più importanti, addirittura ha segnato il suo personale canestro da quattro punti in un momento cruciale della gara (Varese era rientrata a meno ? da meno 18). Quando Alex Finelli l'ha chiamato in panchina per l'applauso è stato come se i quattro scudetti di Siena li avessi vinti a Bologna, per come la gente ha risposto trattandolo come se fosse stato Brunamenti o Rigaudeau. "Tanto di cappello: cerchiamo esempi positivi, lui lo è, lui che avrebbe tutto il diritto di sentirsi la pancia piena" ha commentato Carlo Recalcati. Per chi c'era: è stato commovente, uno di quei momenti che ti riconciliano con il basket, con lo sport, momenti da ricordare per sempre Che sia stata l'ultima partita a Bologna, l'ultima partita della carriera o della stagione non importa. Può darsi in realtà ci sia ancora un appendice domenica ad Ancona.

 

McINTYRE LASCIA E SCEGLIE L'EREDE: «VIRTUS, IL TUO LEADER SARÁ POETA»

di Luca Aquino - https://corrieredibologna.corriere.it - 24/11/2011

 

McIntyre, la gara di Ancona contro Montegranaro è stata la sua ultima della carriera?

Per ora è l’ultima. Ora mi opero, poi vedremo come gestire la situazione.

Quale è stato il suo primo pensiero dopo quella partita?

Ero contento per la vittoria, non abbattuto perché quella sarebbe potuta essere l’ultima della mia carriera. Forse potrei provare qualcosa di questo tipo quando tornerò negli Usa.

Quella di dire basta e fermarsi è stata una sua scelta?

È la cosa migliore per me e per la squadra perché durante la settimana posso allenarmi poco e questo non aiuta nessuno. È la scelta giusta per la mia salute.

A inizio stagione, quando non si conosceva nel dettaglio il suo problema, ha ricevuto diverse critiche. L’ha infastidito non poter giustificare le sue prestazioni con l’infortunio?

Non leggo i giornali, quindi non so cosa venisse detto nei miei confronti. Io ero l’unico a sapere del problema, oltre ovviamente alla squadra visto che non potevo allenarmi e giocavo solo le partite, all’esterno nessuno ne era a conoscenza e l’abbiamo rivelato quando era il momento.

A chi passerà il testimone come leader della squadra?

Dovrà diventarlo Peppe Poeta, è il playmaker e ha le capacità per essere il leader. Koponen è il capitano, è qui da parecchi anni, ma non è ancora un leader anche se ha il potenziale per diventarlo e ora deve sicuramente salire di livello e prendersi più responsabilità. Poi Lang, un veterano che può condividere la sua esperienza con i giovani.

Cosa ha insegnato a Poeta in questi mesi?

Nelle ultime due partite gli ho detto che i compagni avrebbero dovuto seguire il suo esempio e lui ha fatto un ottimo lavoro. Gli ho detto che ora questa è la sua squadra e deve agire come un leader non come un comprimario.

Cosa le lascerà questa esperienza alla Virtus?

I ragazzi sono stati grandi, è stata la prima volta che ho giocato in una squadra così giovane, un’esperienza diversa dalle altre. Ho giocato tanti anni contro la Virtus ma sono stato accettato alla grande.

Per anni è stato il grande «nemico», che effetto le fa andarsene ora da eroe?

È vero, per tanti anni sono stato un avversario ma ho sempre voluto venire qui e sapevo che sarebbe arrivata l’opportunità. Conoscevo la città e la grande tradizione della squadra quindi sono felice che ci sia stata questa possibilità anche se è durata poco. Non è finita bene per me, ma la squadra può crescere molto e sono contento del grande sostegno avuto dai tifosi anche se sono stato qui così poco.

Quale è il suo più grande rimpianto?

Essermi infortunato, non me vado perché voglio andarmene ma solo perché devo badare alla mia salute.

Dove può arrivare la squadra senza di lei?

L’obiettivo è arrivare fra le prime quattro-cinque. Se continueranno come nelle ultime settimane è un risultato raggiungibile.

Cosa ha potuto apprezzare di Bologna?

La conoscevo, perché ai tempi di Ferrara o Reggio Emilia l’avevo già frequentata. È una bellissima città ma non ho un posto preferito, ora il posto dove sto meglio è in casa.

C’è stato qualche messaggio che le ha fatto molto piacere?

I compagni di squadra mi hanno detto che è stato un piacere giocare con me anche se per pochi mesi e sono contento di aver potuto condividere la mia esperienza con ragazzi che volevano ascoltarmi.

La sua carriera italiana è cominciata con Finelli a Ferrara ed è finita con lui qui a Bologna.

È stata una delle ragioni per cui sono venuto in Virtus. È stato sicuramente un piacere cominciare e poi finire con lui.

Qualcuno ha cominciato a parlare di partita d’addio, magari la prossima estate a Las Vegas. Ci ha già pensato?

No, basta partite. Andrò a Las Vegas in estate come sempre con il mio amico Stonerook, ma niente partite.

Lei è diventato una leggenda in Europa, cosa può insegnare ai giovani americani che arrivano con l’approccio sbagliato?

È normale non avere l’approccio giusto al primo anno, non l’avevo neppure io. Ero arrabbiato per essere qui, come tutti gli americani che credono di meritare la Nba. Ma quando ho capito che la Nba non era cosa per me, ho saputo adattarmi e capire che poter fare quello che ami ed essere pagato per questo è meraviglioso, non importa dove tu sia.